Ci avviciniamo alla data limite. Quella in cui l’azzardo perderà la propria carica attrattiva a forza di messaggi espliciti e/o subliminali. Il 14 luglio prossimo infatti, in netto ritardo, rispetto alla data iniziale del 1 gennaio 2019, dovrebbe diventare attivo, funzionale e indiscriminato il divieto di pubblicità che è stato alla base del progressivo espandersi di un fenomeno che definiremo piaga, il cui fatturato o movimento di denaro, nel corso del solo 2018, è stato stimato in 108 miliardi di euro. A fronte di una crisi economica senza precedenti nell’orbita dell’Unione Europea, il mondo dell’azzardo ha continuato a proliferare in Italia con una poderosa e incontrastata avanzata. La data di partenza dell’escalation è il 2003 e in sedici anni i progressi economici di quella che si può considerare come un’autentica bolla, hanno potuto contare sull’apporto manifesto di tutti i partiti che si sono succeduti nella coalizione di governo. Un azzardo che è proliferato sotto Berlusconi come sotto Prodi, producendo un ulteriore scatto con le liberalizzazioni di Bersani. Una lobby trasversale che ha funzionato contando sul fiancheggiamento di gruppi come Lottomatica (poi Igt, poi Gtech) o Sisal, che sono due tra le cinque più grandi multinazionali al mondo dell’azzardo. Le indagini empiriche hanno platealmente dimostrato che il fatturato dell’azzardo cresce con lo sviluppo della pubblicità. E con questo si dilata esponenzialmente anche il numero dei malati patologici, oggi definiti come affetti da DGA, Disturbo da Gioco d’Azzardo. Ecco perché il divieto di pubblicità, un semplice articolo contenuto nel decreto Dignità, è una spina nel fianco di un mondo in cui il confine tra legale e illegalità è stato sempre fin troppo sfumato. Un esempio? Un recente rapporto di attività giudiziaria ha spiccato 68 avvisi di garanzia nei confronti di ’ndranghetisti che ruotavano nella galassia dell’illegalità di questo comparto, certificando un potenziale giro d’affari di 4,5 miliardi.
La penisola è piena di queste inchieste che fanno affiorare la debolezza di sistema di un universo che non è dotato di una legge quadro. Tutte le proposte legislative si sono arenate di fronte all’esigenza di fare cassa. Perché l’azzardo cosiddetto legale garantisce allo Stato italiano circa dieci miliardi all’anno, solidamente iscritti ormai nel bilancio ordinario. La marcia indietro è difficile quanto doverosa. E il divieto di pubblicità è una rotella che mina l’ingranaggio. Un precedente provvedimento di renziana memoria vietava la pubblicità nelle televisioni generaliste dalle 19 alle 22. Requisito blando considerando la portata di fuoco del privato e osservando che gli orari di inizio del prime time ormai virano verso le 21:40. Come dire che nel primo stacchetto pubblicitario di un Montalbano qualunque in replica puoi infilare uno sport fruibile da circa sei milioni di italiani. Ora c’è da paventare per un ulteriore rinvio del deterrente che va a incidere anche sulle sponsorizzazioni su cui si regge il sistema sportivo italiano (in primis, gli sport più professionistici, calcio, basket, pallavolo). Ma il divieto dovrebbe essere interpretato in forma estensiva. Dovrebbe essere proibita la pubblicità delle grandi vincite, in genere invalsa costantemente nei tabaccai alla voce “gratta e vinci” o Superenalotto. Dovrebbe essere reato l’invio di mail pubblicitarie che spacciano inesistenti bonus per coinvolgerti nel poker online. In definitiva questa mission antieducativa potrebbe perdere la propria forza con il decadere delle radici. La forza di penetrazione di un sistema subdolo e ad alta frequenza conta sulla tecnologia. Quante cose si possono fare con uno smartphone? Certo, anche azzardare. Le statistiche sono atterrenti. Un sondaggio (interessato) della Kinder Ferrero ci racconta che l’88% dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni lo possiede. E su questo apparecchio multifunzione quasi sempre i genitori non hanno alcun controllo. Anche per questo l’azzardo è terra di conquista degli under 18, quelli che non dovrebbero mai frequentare una slot e neanche una sala scommesse. Al contrario una ricerca dell’Università Cattolica di Milano, corroborata dalla conferma del CNR di Pisa, ci fa sapere che azzardano in Italia 1,2 milioni di minorenni. E il potere di intercetto dell’ordine pubblico? Risibile. Nel 2017 sono state comminate 58 multe ad altrettanti minorenni – oltre che ai luoghi che frequentavano – il che offre l’idea del disinteresse della legalità da parte delle istituzioni che sono poi le stesse che armano il sistema.