Valerio Verbano. Una ferita ancora aperta

Storia di una ricerca

La prima volta che ho sentito parlare di Valerio Verbano avevo 17 anni, ed era da poco passato il 22 febbraio 1990. Il mio quartiere, la Magliana, era stato tappezzato da un centinaio di manifesti che ricordavano il decennale dell’assassinio di Valerio. Quando li vidi, chiesi a un mio amico di allora, giovane militante autonomo e ultrà della Roma come me, chi fosse Verbano e lui mi raccontò la sua storia.

Il mio amico era andato al grande corteo del decennale, io l’avevo saputo un paio di giorni dopo e purtroppo l’avevo perso. Promisi a me stesso che l’anno dopo avrei partecipato al corteo e avrei organizzato un’assemblea nella mia scuola per ricordare Valerio, la sua lotta, il suo impegno nella controinformazione antifascista.
Per me e molti compagni della mia generazione, che hanno iniziato a fare politica durante il movimento studentesco della Pantera, Valerio rappresentava un simbolo della lotta antifascista e della militanza autonoma e, perdonatemi la retorica, in molti siamo cresciuti con il suo esempio davanti agli occhi, raccontato dalla generazione precedente alla nostra. Per tutti questi anni siamo stati in tante e tanti a ricordare Valerio e continuare la sua lotta, che è anche la nostra.
A un certo punto della mia vita, la mia militanza si è intrecciata con la possibilità di scrivere la mia tesi di laurea proprio su Verbano, da cui poi ho tratto un libro, aggiornato oggi con una nuova edizione.
Una ricerca lunga e complessa, che prova a raccontare la vita personale di Valerio, la sua militanza politica, il suo assassinio. Assassinio su cui c’è una verità politica e storica, gridata – scritta, da allora –, sia dai genitori di Valerio sia dai suoi compagni e dalle sue compagne.
Una verità giudiziaria non c’è, però.
Ma questo importa relativamente, perché, come abbiamo scritto mille e mille volte, Valerio vive, un’idea non muore, non è e non deve essere solo una frase retorica.
In questi anni difficili, in cui sono rinati un neofascismo e un razzismo diffuso, leggere la vita di Valerio Verbano e il suo lavoro di controinformazione può e deve essere un aiuto fondamentale.
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La tesi di laurea in Storia Contemporanea intitolata Biografia di un militante dell’area dell’Autonomia Operaia Organizzata: Il caso di Valerio Verbano (25 febbraio 1961-22 febbraio 1980), relatrice la professoressa Francesca Socrate e correlatore il professor Vittorio Vidotto, l’ho discussa il 26 giugno 2009, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza.
Era il frutto di un lavoro di anni di ricerche intrecciato ad anni di partecipazione a manifestazioni e assemblee dedicate a Verbano, all’antifascismo, alla storia politica degli anni settanta.
Una ricerca che dunque non nasceva da un’esigenza accademica, ma piuttosto da un interesse politico personale. A Roma la figura di Valerio Verbano è stata assunta a simbolo dell’antifascismo militante dal movimento antagonista in tutte le sue declinazioni e, dal momento del suo omicidio a oggi, sono state organizzate, ogni 22 febbraio, manifestazioni che lo ricordano, alle quali hanno partecipato complessivamente migliaia di persone.
Questo lavoro di ricostruzione storica della biografia di Valerio Verbano nasceva dalla considerazione che a tutt’oggi esiste un vuoto storiografico relativo al suo caso, anche se è menzionato in diverse opere, sia di carattere memorialistico sia giornalistico, tese in generale alla ricostruzione degli avvenimenti politici e sociali degli anni settanta.
La storiografia ufficiale, e anche quella cosiddetta ‘militante’, si è occupata solo marginalmente e spesso in maniera approssimata di Verbano, all’interno per lo più di opere a carattere generale sui movimenti studenteschi e/o operai[1]. Fa eccezione il lavoro dello storico Giorgio Cingolani, che nel suo libro Corpi di reato[2] dedica un capitolo intero alla vicenda Verbano, come anche quello del giornalista Valerio Lazzaretti, Valerio Verbano. Ucciso da chi, come, perché (Odradek edizioni, 2011).
Per quanto riguarda la memorialistica è uscito nel 2010, in occasione del trentesimo anniversario della morte di Valerio, il bellissimo libro Sia folgorante la fine[3] di Carla Verbano, scritto con il giornalista Alessandro Capponi, in cui la vita e la morte di Valerio vengono narrate dalla madre con coraggio e lucidità.
Dal punto di vista storiografico, invece, il ritardo risulta ormai evidente, e impone un’attenta riflessione sulla rimozione collettiva di quegli anni, in particolare di alcuni avvenimenti che li segnarono.
Se di alcuni episodi si è discusso a lungo e si è consolidata una memoria condivisa, o si è arrivati a una parziale verità giudiziaria, per altri assolutamente non è così.
Il caso di Valerio Verbano rientra senz’altro fra questi ultimi.
Sembra indubitabile che le difficoltà da parte degli storici e delle storiche riguardo alla ricostruzione di quegli anni, e in particolare della vicenda di Verbano, siano da attribuire alla difficoltà di confrontarsi con la violenza politica diffusa che caratterizzò quel periodo e che spesso ha portato a liquidare molti avvenimenti come frutto della “follia di pochi esaltati”.
Approfondire la figura di Valerio Verbano da un punto di vista storico aiuta, a mio avviso, a ricostruire ciò che accadde in quello scorcio degli anni settanta a Roma, mettendo a fuoco in particolare le dinamiche politiche giovanili in determinati quartieri, nel quadrante a Nord-Est della città per esempio, dove il livello di scontro politico fra destra e sinistra e fra lo Stato e il Movimento era molto alto, e dove si verificarono, tra il 1976 e il 1983, ben nove omicidi di attivisti di sinistra, di destra, di agenti delle Forze dell’Ordine e magistrati[4].
La vita di Verbano attraversa, ed è stata attraversata, da importanti avvenimenti politici, non da ultimo il suo omicidio. La morte violenta di Verbano è un caso tuttora aperto che si inserisce a pieno titolo nei tanti misteri d’Italia, se non altro per le misteriose sparizioni dei corpi di reato avvenute durante la lunga quanto infruttuosa indagine portata avanti dal giudice istruttore Claudio D’Angelo.
È un omicidio anomalo anche nelle modalità, in quanto furono sequestrati i genitori nella propria abitazione e fu perquisita la stanza di Valerio. Il nome di Valerio Verbano è indissolubilmente legato al suo assassinio rimasto senza colpevoli e al dossier di controinformazione antifascista che gli fu sequestrato dalla Polizia, contenente materiale fotografico e informativo su appartenenti alle Forze dell’ordine, all’estrema destra romana e loro contatti con il mondo della criminalità organizzata[5].
La mia ricerca prende dunque le mosse dalla volontà di interrogarsi su come Verbano scelse, come tanti altri giovani, la strada della militanza politica nell’area della sinistra rivoluzionaria e, in particolare, sul percorso che lo portò a costituire un gruppo specificatamente dedito alla controinformazione riguardo all’estrema destra romana.
È il tentativo di ricostruire la biografia di un militante nella convinzione che possa fornire una prospettiva specifica[6] per raccontare i movimenti sociali e politici della fine degli anni settanta. Questo lavoro, infatti, attraverso la ricostruzione della militanza politica di Valerio Verbano, mette in luce quella galassia di organizzazioni, gruppi, collettivi politici che ruotavano intorno e interagivano con l’organizzazione dell’Autonomia Operaia.
La tesi e i due libri che ho scritto si interrogano inevitabilmente anche sul tema della violenza politica che attraversò gli anni settanta, rifiutandone però una categorizzazione che tutt’oggi la dipinge come una violenza insensata, o che al contrario ne esalta in forma astratta i modi in cui si manifestò. Quella violenza era espressione di un conflitto sociale, e in esso ne va rintracciata l’origine, per analizzarla e interpretarla.
A fronte di una consistente carenza di materiale storiografico su Valerio Verbano, le principali fonti scritte che ho consultato sono state di tipo processuale, fonti di archivio, quotidiani e periodici di diverse posizioni politiche.
Per quanto riguarda le fonti di parte istituzionale ho consultato l’archivio del Tribunale di Roma e il ‘vecchio’ archivio del giudice istruttore, dove si trovano le carte relative al processo contro Verbano dell’anno 1979 e quelle dell’istruttoria per l’omicidio di Verbano dell’anno 1980, fino al 1989; l’Archivio Centrale dello Stato del fondo del Gabinetto del Ministero degli Interni, in particolar modo del decennio 1975-1985.
Per quanto riguarda invece le fonti interne al Movimento, con i suoi documenti autoprodotti, ho consultato l’archivio Irsifar – Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla resistenza e il centro di documentazione del Centro Sociale Occupato Autogestito Macchia Rossa, dove è conservata una copia del documento autoprodotto 22 febbraio 1980 bandiere rosse al vento scritto da I Compagni di Valerio nel 1993, e una copia del documento autoprodotto nel 1997 dal Circolo Culturale Valerio Verbano Milano 18 marzo 1978: Fausto e Iaio, Roma 22 febbraio 1980: Valerio Verbano. Una strategia per due esecuzioni.
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In generale si registra una vistosa carenza di fonti scritte su Valerio Verbano, cosa che rende indispensabile fare ricorso a fonti di altra natura. Di grande utilità mi è stato il materiale audiovisivo e, in particolare, il documentario Valerio Verbano: un omicidio anomalo andato in onda nella trasmissione di Rai2 La storia siamo noi del 13 marzo 2007. Altrettanto utile è stato visionare il documentario Murales, autoprodotto dal Centro di Cultura Popolare di via Capraia sulle occupazioni e le autogestioni del 1974 e del 1977 nel liceo frequentato da Valerio, l’Archimede in Via Vaglia.
Ma un ruolo centrale in questo tentativo di mettere a fuoco la vicenda di Valerio Verbano lo hanno avuto inevitabilmente le fonti orali.
Ho intervistato Carla Verbano e una trentina di persone tra amici, amiche e conoscenti, che mi hanno restituito una biografia a più voci.
Da parte mia, sono consapevole di essermi confrontato con un tipo di fonte che va decisamente interpretata – allo stesso modo delle fonti scritte –, eppure anche questo tipo di fonte può fornire indicazioni importanti e talvolta precise sull’argomento della ricerca. L’idea di inserire la collettività di compagne e compagni con cui Valerio è cresciuto e ha vissuto è stata una scelta consapevole e mirata al fine di dare spazio a chi lo ha conosciuto e amato.
Senza le loro testimonianze questo libro sarebbe stato solo una fredda cronaca. I loro ricordi mi hanno invece permesso di raccontare la vita di un ragazzo degli anni settanta, di un militante comunista.
Sempre relativamente alle fonti, un documento essenziale per ricostruire la biografia politica, e non solo di Verbano, è la documentazione che gli fu sequestrata dalla DIGOS il 20 aprile 1979, giorno del suo arresto. Questa documentazione, meglio nota come il Dossier Verbano, costituisce una fonte di primaria importanza nella ricostruzione della sua attività militante, ma a oggi di questo dossier non si hanno più tracce. Si tratta di una corposa documentazione autoprodotta da Valerio Verbano, riguardante le attività dell’estrema destra romana e i suoi legami con settori della criminalità organizzata e con agenti delle Forze dell’ordine[7].
Il 26 febbraio 1980, quattro giorni dopo l’omicidio, i legali della famiglia informarono l’opinione pubblica, a mezzo stampa, che la documentazione era sparita dall’Ufficio Corpi di Reato. Due giorni dopo la documentazione, sotto forma di fotocopia, fu consegnata dalla DIGOS di Roma al giudice D’Angelo.
Nell’ottobre del 1980 D’Angelo si rifiutò di consegnare copia di quella documentazione ai legali della famiglia Verbano.
Nel 1984 la Corte d’Appello di Roma ordinò la distruzione del Reperto 97153A, che comprende anche il dossier sequestrato a Verbano, come “prova non più interessante ai fini processuali”.
Ma non ci sono certezze sul fatto che la distruzione riguardasse tutto il Reperto 97153A o solo una parte[8].
Io stesso ho potuto constatare, nel corso delle mie ricerche, che il materiale giudiziario riguardante Verbano era carente di alcuni documenti fondamentali.
Infatti il 15 settembre del 2008 ho chiesto al Tribunale di Roma l’autorizzazione a prendere visione e copia del consistente materiale processuale.
Del materiale processuale riguardante l’arresto e la condanna di Valerio, il faldone 5117/79A, ho ricevuto una copia non integrale, mancante di alcuni documenti e fotografie sequestrate dalla DIGOS di Roma a Valerio Verbano il giorno del suo arresto, mentre del materiale giudiziario riguardante l’istruttoria contro ignoti per l’omicidio di Valerio Verbano, il faldone n. 589/80 AGI, fui autorizzato a prenderne visione il 30 settembre 2008.
Dopo oltre un mese di attesa, e precisamente il 3 novembre, fui informato dalla segreteria della Presidenza del Tribunale che il fascicolo era mancante dal ‘faldone portante’ e conteneva solo un faldone secondario, riguardante la sentenza della Corte di Appello contro i NAR e Terza Posizione acquisito dal giudice D’Angelo durante l’istruttoria[9].
La misteriosa sparizione del cosiddetto ‘faldone portante’, di cui la segreteria della presidenza del Tribunale non sapeva darmi spiegazioni, è durata circa tre mesi, durante i quali ho cercato il faldone scomparso presso gli altri archivi – quello di Tribunale, Procura, Cassazione – e perfino presso la segreteria del Pubblico Ministero Diana De Martino, che nel 2005 aveva disposto delle indagini sul mistero della ‘pistola scomparsa’ dall’Ufficio Corpi di Reato, di cui parlerò più avanti.
Dopo la scomparsa del Dossier Verbano e la distruzione dei corpi di reato, la scomparsa del faldone dell’istruttoria può essere soggetta a differenti interpretazioni ma aveva un’unica e chiara conseguenza, ovvero l’impossibilità definitiva di riaprire le indagini.
Insomma, il cerchio sembrava chiuso, il caso Verbano sepolto senza possibilità di appello.
A seguito del mancato ritrovamento, il 19 dicembre 2008, ho presentato un esposto presso la procura della Repubblica.
Il 30 gennaio successivo sono stato convocato in Tribunale dalla Polizia giudiziaria che indagava sulla scomparsa dei faldoni, dove ho rilasciato una dichiarazione identica all’esposto da me presentato.
Dopo circa due settimane, in cui né la Polizia giudiziaria, né il Pubblico Ministero, che si occupava della sparizione, mi diedero notizie del faldone, mi sono deciso a informare la stampa, d’accordo con la madre di Verbano.
La notizia ha avuto notevole risalto sulla cronaca cittadina dei principali quotidiani il 4 febbraio[10], e il giorno stesso un’agenzia stampa, Il Velino, alle ore 12:48, ha lanciato la notizia che il faldone era stato prontamente ritrovato da un sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri presso l’archivio separato del Tribunale di Via Silvestri[11].
Questa notizia, però, era falsa.
Il faldone non era stato affatto ritrovato, come mi confermò telefonicamente il Tribunale stesso e, fra l’altro, a indagare sulla scomparsa non erano i Carabinieri ma la Polizia.
Alle mie richieste, sia telefoniche sia scritte, di fornire una spiegazione del perché diffondere una notizia falsa, Il Velino non ha dato nessuna risposta.
Un chiaro tentativo di depistaggio?
Il direttore responsabile del Velino all’epoca era Daniele Capezzone, e l’articolo era firmato da Roberto Ormanni. Nessuno dei due, contattati da me più volte, ha dato alcuna risposta in merito.
Il giorno successivo, in un articolo apparso sul Il Messaggero, firmato da Valentina Errani, si affermava che io avevo dato la notizia del ritrovamento[12]. Una cosa mai avvenuta, visto che era stato Il Velino a pubblicare la falsa notizia del ritrovamento.
A seguito di questo articolo, la mattina stessa la Polizia giudiziaria mi convocò urgentemente per chiarimenti in tal senso, e mi prospettò la possibilità di una denuncia penale nei miei confronti per informazione falsa a mezzo stampa. Mi presentai in Tribunale per chiarire l’equivoco, portando con me l’articolo del Velino, fonte della falsa informazione. La Polizia giudiziaria mi confermò che il faldone non era stato affatto ritrovato e che la notizia diffusa dal Velino era assolutamente falsa.
Il 13 febbraio l’ANSA lanciò la notizia che il faldone – anzi i due faldoni, come ebbi modo di appurare in seguito – era stato ritrovato ‘fuori scaffale’ presso il loro luogo naturale, il vecchio archivio del giudice istruttore.
Il 10 marzo del 2009 finalmente potei prendere visione del faldone scomparso.
Del perché si trovasse ‘fuori scaffale’ la segreteria del Tribunale non mi ha mai voluto dare alcuna spiegazione, né in forma scritta, né in forma orale.
È bene specificare che neanche all’interno dei due faldoni si trovava l’ingente materiale sequestrato in casa Verbano dalla DIGOS, materiale che in parte, fu acquisito dal giudice D’Angelo.
Chiesi di nuovo sia all’Ufficio corpi di reato sia alla DIGOS il perché quel materiale non era accluso al faldone dell’istruttoria.
Dopo due anni di lettere scritte, telefonate e incontri rifiutati, nel luglio del 2010, ho avuto due risposte: l’Ufficio corpi di reato del Tribunale di Roma mi ha finalmente comunicato ufficialmente che il Reperto 97153A era stato distrutto il 7 luglio 1987, mentre Lamberto Giannini, capo della DIGOS, mi ha risposto che la DIGOS non aveva nessuna copia del suddetto documento.
Il 22 febbraio 2011 Carlo Bonini annuncia sul quotidiano la Repubblica la riapertura delle indagini sull’omicidio di Valerio Verbano.
Seguono giorni di notizie e informazioni spesso errate o comunque inesatte, che ho riportato in un pezzo critico verso il modo in cui la maggior parte dei giornalisti ha trattato questa notizia, intitolato Molto rumore per nulla, pubblicato nel 2015 sul mio blog personale.
Questo pezzo è stato la base da cui sono ripartito, nell’estate del 2019, per aggiornare il mio libro.
In quel momento ripresi seriamente le ricerche, aggiornando la bibliografia, rimettendo insieme i pezzi del puzzle, recandomi di nuovo presso tutti i luoghi fisici dove avevo già fatto ricerca, in particolare presso l’Archivio Centrale di Stato, dove ho potuto visionare il nuovo materiale della direttiva Renzi, depositato presso il servizio delle Raccolte Speciali, riguardante Verbano.
Ho iniziato a scrivere, consapevole che non sarebbe stato possibile consultare la parte centrale della nuova ricerca, ovvero i faldoni delle indagini contenenti il ‘ritrovato’ Dossier Verbano, come annunciato dal giornalista Giovanni Bianconi sulle pagine del Corriere della Sera del 24 febbraio 2011.
Nonostante tutto, credevo fosse importante, in vista del quarantennale dell’assassinio di Valerio Verbano, aggiornare il mio libro, ormai praticamente fuori commercio anche a causa della rescissione unilaterale da parte mia del contratto con l’editore Castelvecchi per le solite inadempienze delle case editrici.
Mentre procedevo con le mie ricerche, incerto e titubante sulla reale necessità di scrivere la nuova edizione, un mio caro amico, un compagno del Centro Sociale Macchia Rossa di Magliana, con cui ho manifestato, incordonati insieme per anni il 22 febbraio a via Monte Bianco, è morto a causa di un tumore. Una perdita che mi ha scosso profondamente ma anche dato la spinta a riprendere con forza la scrittura.
A lui, Michele Panuccio, è dedicata questa nuova edizione.
Questo mi ha spinto anche ad andare direttamente dal Pubblico Ministero Erminio Amelio, che conduceva le nuove indagini sul caso Verbano, per chiedere conto dello stato delle stesse. Il Pubblico Ministero mi confermava che stavano per chiuderle dopo anni di inattività.
Il 28 agosto 2019 il PM Erminio Amelio chiede l’archiviazione del caso. Il 10 settembre 2019 lo comunica a Manuela S., erede legale di Carla Verbano, tramite il suo legale Flavio Rossi Albertini.
Circa un mese dopo, in qualità di consulente tecnico di parte, ho ricevuto e iniziato a leggere le quasi diecimila pagine che compongono i faldoni delle nuove indagini.
L’enorme mole delle nuove fonti mi spinge ad accelerare i tempi e a scrivere un libro ampio, completo finalmente dell’oggetto mancante del primo libro, il cosiddetto Dossier Verbano, che presumibilmente, ma non lo posso dare per certo, è la copia esatta di quello sequestrato dalla Digos il 20 aprile 1979 a Valerio, firmato, pagina per pagina, da Carla.
Un dossier composto da uno schedario verde di 29 pagine – l’introvabile dossier compilato da Simone, amico di Verbano – che, come da verbale di sequestro della Digos del 20 aprile 1979, contiene nominativi di fascisti e spacciatori di eroina; un’agenda marrone contenente ritagli di giornali di 13 pagine; un’agenda marrone piccola di 20 pagine, anch’essa contenente nominativi di fascisti e spacciatori di eroina; un’agenda rossa – in realtà è il semplice diario scolastico del 1975 –, di cui avevo già fatto cenno nel mio libro precedente, con annotati stralci di vita quotidiana di Valerio, sia politica sia sportiva che ludico-ricreativa di un ragazzo di 14 anni; l’agenda rossa piccola – Agenda Rossa Feltrinelli 1977, di cui danno conto Ferri e Macò nell’articolo di Liberazione, che cito a pagina 165 –; un manuale – Piccolo manuale della guerriglia urbana di Carlos Marighella, stampato e tradotto in diverse lingue fin dagli anni ’60 –; 130 pagine di appunti; 42 pagine – fogli di carta – con nominativi; un quaderno marrone, composto da 15 fogli, con annotati nomi di squadristi e picchiatori fascisti; un quaderno verde di 15 pagine; un’agenda marrone di 35 pagine, che è il cuore vero e proprio del dossier, come riportato già all’epoca dai giornali, e che contiene nomi e cognomi di fascisti e loro azioni squadristiche, molte poi rilevate dalla stessa magistratura, e di spacciatori di eroina.
Infine, fogli di identikit e fogli sezione Polstrada, poche pagine sgranate e quasi illeggibili.
Questo è, in sintesi, il corpo del materiale sequestrato a Verbano e a Simone, materiale che descrive e racconta come la destra nazifascista romana era armata, pericolosa, e si preparava a compiere l’ennesima strage in Italia.
Allo stesso tempo, ho collaborato con l’avvocato Flavio Rossi Albertini per stilare un’istanza di opposizione all’archiviazione voluta dalla Procura, fatta su richiesta di Manuela S., in ottemperanza delle volontà di Carla Verbano, che ha sempre desiderato che si arrivasse a una verità, anche giudiziaria, sull’omicidio di suo figlio.
In seguito al deposito di questa istanza di opposizione, il Giudice per le Indagini Preliminari, Francesco Patrone, fissa al 17 aprile 2020 la data per l’udienza in cui si discuterà se archiviare o proseguire le indagini.
Quel giorno sapremo se le indagini continueranno, e in futuro scopriremo se tali indagini porteranno alla verità giudiziaria del caso Verbano, oppure se verrà posta definitivamente la parola fine a questa lunga inchiesta. Questo, comunque, importa relativamente, perché la verità storica e politica la conosciamo. A uccidere Valerio furono i fascisti.

 

[1] Della vicenda di Valerio Verbano si tratta, fra gli altri, nei seguenti testi: V. Vidotto, Roma contemporanea, Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 333; P. Adriano, G. Cingolani, Corpi di reato, Costa e Nolan, Ancona-Milano, 2000; G. Cingolani, La destra in armi, Editori Riuniti, Roma, 1996, pp. 89-91; C. Armati, Cuori rossi, Newton Compton Editori, Roma, 2008, pp. 398-407, pp. 409-411; A. Baldoni, S. Provvisionato, Anni di piombo, Sperling e Kupfer, Milano 2009, pp. 382-387, pp. 398-401.

[2] P. Adriano, G. Cingolani, Corpi di reato, Costa e Nolan, Ancona-Milano, 2000.

[3] Carla Verbano, Alessandro Capponi, Sia folgorante la fine, Rizzoli, Milano, 2010

[4] Il 10 luglio del 1976 il magistrato Vittorio Occorsio fu ucciso da Pierluigi Concutelli, estremista di Ordine Nuovo; i1 16 giugno 1979 fu ucciso Francesco Cecchin, giovane attivista del MSI, presumibilmente durante uno scontro con alcuni attivisti del PCI, il 10 gennaio 1979 fu ucciso Stefano Cecchetti, studente del liceo Archimede, il cui omicidio fu rivendicato dai Compagni Organizzati per il Comunismo; il 22 febbraio 1980 fu ucciso Valerio Verbano, il 12 marzo 1980 Angelo Mancia, segretario della sezione del quartiere Talenti del MSI, il cui omicidio fu rivendicato dai Compagni Organizzati in Volante Rossa; il 28 maggio 1980 fu ucciso l’agente di Polizia Franco Evangelista dai NAR, il 23 giugno 1980 fu ucciso il magistrato Mario Amato dai NAR, il 06 gennaio 1981 fu ucciso il militante di Terza Posizione Luca Perucci, dai NAR; nel 09 febbraio 1983 fu ucciso il militante del MSI Paolo Di Nella, presumibilmente da alcuni attivisti di sinistra. Le indicazioni precise si riferiscono a casi in cui c’è stata una sentenza definitiva, quelle imprecise e approssimate si riferiscono a omicidi in cui non vi è stata una sentenza giudiziaria e le rivendicazioni sono state multiple e spesso in contraddizione tra loro. Cfr. G. Panvini, Conflittualità giovanile nella Roma degli anni ’70. Lo scontro tra estremismo di destra e sinistra extraparlamentare dalle origini al terrorismo diffuso (1969-1980), Università degli Studi di Roma La Sapienza, 2002-2003; A. Baldoni, S. Provvisionato, Anni di piombo, Sperling e Kupfer, Milano, 2009; N. Rao, Il sangue e la celtica, Sperling e Kupfer, Milano, 2008.

[5] Cfr. Archivio del Tribunale di Roma, fasc. 5117/79A, questura di Roma, Ufficio DIGOS, Relazione di perquisizione e sequestro 20 aprile 1979.

[6] Si vedano le biografie di militanti politici curate dalla produzione giornalistica: C. Stajano, Il sovversivo, vita e morte dell’anarchico Serantini, Einaudi, Torino, 1975; M. Coccia, Gli occhi di Piero. Storia di Piero Bruno, un ragazzo degli anni Settanta, Edizioni Alegre, Roma 2006; D. Biacchesi, Fausto e Iaio, Baldini e Castoldi, Milano, 1996.

[7] Archivio del Tribunale di Roma, fasc. 5117/79A, questura di Roma 20 aprile 1979.

[8] Archivio del Tribunale di Roma, fasc. 5117/79A, 11 maggio 1984.

[9] Il giudice istruttore Claudio D’Angelo, che si occupò per nove anni delle indagini sull’omicidio di Valerio, acquisì su richiesta del sostituto procuratore Loreto D’Ambrosio le carte dei processi contro Terza Posizione e NAR: sentenza della II Corte di Assise d’Appello di Roma, procedimento penale 15685/80A RG-PM a carico di Adinolfi Gabriele +28; Sentenza della V Corte di Assise di Roma, Reg, 57/86, a carico di Amico Rosaria + 11.

[10] Cfr. M. Bisso, Omicidio Verbano, spariti i documenti del processo. È giallo dopo la denuncia di uno studente, il manifesto, 4 febbraio 2009; L. di Gianvito, Delitto Verbano, spariti atti del fascicolo, la Repubblica, 4 febbraio 2009; Inchiesta Verbano scompare faldone. La madre accusa: troppe sparizioni, «l’Unità», 4 febbraio 2009, p. 55; V. Errani, Omicidio Verbano, dal Tribunale sparisce il faldone dell’istruttoria, Il Messaggero, p. 6.

[11] R. Ormannni, Omidicio Verbano: fascicolo «scomparso» era in archivio, Il Velino, Roma, 4 febbraio 2009.

[12] V. Errani, Omicidio Verbano, rispunta il fascicolo, «Il Messaggero», 5 febbraio 2009, p. 40.


capoccetti

Marco Capoccetti Boccia

Marco Capoccetti Boccia (Roma, 1973) ha pubblicato la raccolta di poesie Territori occidentali (Edizioni Oppure, 1999), le raccolte di racconti Non dimenticare la rabbia (Agenzia X, 2009) e Scontri di piazza (Lorusso Editore, 2012).


Fotografie: Carlo Busi

Grande come una città
Grande come una cittàhttps://grandecomeunacitta.org
Grande come una città è un movimento politico-culturale, nato a Roma, nel Terzo municipio, per promuovere l’incontro fra le persone, creare luoghi e momenti di confronto, nella condivisione di valori come inclusione, nonviolenza, antifascismo, e nel rispetto di tutte le opinioni, etnie, religioni e orientamenti sessuali.

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