Caccia alle streghe

Caccia alle streghe

Fake news di ordinaria follia.

Dopo l’articolo, uscito su Il Messaggero, in data 11 novembre 2019
https://www.ilmessaggero.it/roma/news/centocelle_incendio_libreria_pecora_elettrica_baraka_bistrot-4855262.html

e dopo che la notizia è stata ripresa e diffusa da altre testate nazionali, il quotidiano Il Messaggero rilancia l’ipotesi ‘tunisino’ con un nuovo articolo più circostanziato, uscito giovedì 21 novembre 2019, a  firma Alessia Marani, Camilla Mozzetti.
https://www.google.com/amp/s/www.ilmessaggero.it/AMP/roma/centocelle_roma_incendio_periferie_racket_tunisino_degrado-4877205.html

dove l’accusa a Yahyaoui Fawzi sembra ora essere suffragata da altre prove:
[…] All’epoca, infatti, non sarebbe emersa la certezza matematica che avesse appiccato le fiamme al dehor di via delle Palme, sebbene un testimone avesse visto scavalcare il muretto a un uomo il cui abbigliamento corrispondeva con quello di Fawzi. Lo straniero che non aveva documenti e che vive come uno sbandato, è un senza fissa dimora e adesso è irreperibile. Forse nemmeno sa che gli investigatori dell’Arma lo stanno cercando per poterlo sentire anche in relazione ai raid incendiari. Quel 9 ottobre negò ogni suo coinvolgimento. Adesso le tracce rinvenute dal reparto Scientifico potrebbero incastrarlo.

Restano i ‘condizionali’ e il fatto che si susseguono nel testo punti interrogativi e zone di buio a tutt’oggi oscure, e che, rispetto a cosa ci sia dietro quest’atto criminoso non sia ancora stata fatta chiarezza. A chi giova una campagna stampa del genere? Chi allerta? Chi ne fa le spese?

Sono passati ormai un po’ di giorni dal secondo incendio doloso che ha colpito La Pecora Elettrica, libreria di via delle Palme che stava per riaprire i battenti il 7 novembre. Già vittima di un primo incendio, la notte tra il 24 ed il 25 aprile 2019, la libreria a Centocelle si era rialzata fino all’atto criminale, avvenuto a inizio novembre, che ha ha nuovamente piegato le speranze di due giovani imprenditori locali.
Altri attentati, fra ottobre e novembre, hanno colpito attività vicine. Per mano di chi non è dato sapere, certo è che gli abitanti del quartiere sono disorientati, spaventati ma si sono dimostrati solidali e determinati a non far cadere queste vicende nel dimenticatoio.

Ricordiamo con ordine gli attentati e la localizzazione:
25 aprile 2019: Pecora Elettrica – via delle Palme, 158
9 ottobre 2019: Pinseria Cento55 – via delle Palme 155
8 novembre 2019: Pecora Elettrica – via delle Palme 158
9 novembre 2019: Baraka Bistrot – via dei Ciclamini 103

Mappa

Il primo attentato del 25 aprile scatenò una serie di interrogativi all’interno della comunità locale e su alcuni media la matrice politica di destra si era alternata ad altre ipotesi, senza però arrivare a soluzioni concrete. Dopo l’escalation di incendi avvenuti nell’ultimo mese, però, il tema è arrivato alla stampa nazionale e nuovi sospetti si sono alternati sulle prime pagine di giornali e tg: della pista pusher del parchetto di via delle Palme, che però è stata indebolita dopo l’attentato al Baraka, fino al supposto coinvolgimento di racket e criminalità organizzata, interessati agli affari legati a droga e mercato immobiliare.

Ma ecco che lunedì 11 novembre si fa strada una voce più semplice, che fa breccia in alcune fasce di cittadini: un articolo del Messaggero a firma di Alessia Marani titola Roma, incendi a Centocelle: è caccia a un tunisino. Gara di solidarietà dopo i roghi, uscito sulla cronaca locale di Roma e sul sito internet del quotidiano romano. Il pezzo viene ripreso immediatamente da una parte di stampa e di opinione pubblica locale.

Può un articolo di giornale, seppur di un quotidiano nazionale, fare così presa in una parte consistente di lettori, abitanti del quartiere e non solo? Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di realizzare un’analisi dell’articolo sopra citato.
Partiamo proprio dal titolo che rappresenta il primo oggetto di interpretazione:
Roma, incendi a Centocelle: è caccia a un tunisino. Gara di solidarietà dopo i roghi.

Il lettore medio, magari poco informato sul fatto e disattento, comprende che è stato trovato il colpevole, un tunisino. Però subito dopo la buona notizia. per fortuna, c’è una gara di solidarietà, i ragazzi che hanno subito gli attentati riusciranno a rifarsi perché è il gesto di un pazzo irregolare.

Andiamo a leggere l’articolo, che così inizia:
«Una chiave per risolvere il giallo degli attentati incendiari alle imprese commerciali di Centocelle potrebbe darla ai carabinieri del Casilino il tunisino di 45 anni, un senza fissa dimora, che la polizia fermò dopo il rogo del 9 ottobre che distrusse gazebo e tavoli della pinseria Cento55 di via delle Palme, di fronte alla Pecora elettrica bruciata nella notte tra martedì e mercoledì. L’uomo è al momento irreperibile».

Si parla di una chiave per arrivare a risolvere il giallo di Centocelle, e questa potrebbe darla un “senza fissa dimora” fermato il 9 ottobre per il rogo alla pinseria Cento55. Casualmente «L’uomo è al momento irreperibile».
Nei panni del lettore cosa possiamo pensare? È stato lui che ha distrutto tutto? È irreperibile? Da cosa si deduce che sia stato lui? Qualcuno ci ha parlato? Un senza fissa dimora irreperibile, una notizia sconvolgente!

La seconda parte del primo capoverso recita così:
«Il pm, all’epoca, non ritenne sufficienti gli elementi per condurlo in carcere e venne denunciato a piede libero». Il pm che non ha avuto prove sufficienti e denuncia a piede libero questo senza fissa dimora tunisino? Dov’è il verbale del PM? cosa dice esattamente? Chi ha denunciato il tunisino? Il gestore del locale Cento55? Non si comprende ma passiamo oltre.

«Un residente guarda un uomo lavarsi le mani con le sopracciglie bruciacchiate e che pare “avesse una boccetta di alcool». Nessuno l’ha visto, nè tanto meno chi ha fatto le indagini. Quindi, nuova affermazione rapida «Ma l’uomo negò coinvolgimenti».
È la parola di un residente contro uno straniero senza fissa dimora che probabilmente vede nel suo quartiere.
E poi la domanda cardine che viene subito in mente al lettore scaltro: una boccetta di alcool? È così che sono bruciati i locali? Con alcool e accendino?

«Stamani l’informativa sull’incendio doloso che venerdì notte ha distrutto, invece, il Baraka Bistrot di via dei Ciclamini sarà sul tavolo dell’ aggiunto Nunzia D’Elia e del sostituto procuratore Sergio Colaiocco».

Quindi, se ancora devono andare sul tavolo degli inquirenti i fatti del Baraka, da dove arriva la ‘caccia al tunisino?

Al secondo capoverso leggiamo:

«Gli inquirenti stanno seguendo più piste, non ultima quella della malavita organizzata che vuole il controllo del territorio, anche con atti eclatanti e dimostrativi tipici del racket».

Bene passiamo dal possibile tunisino – la cui nazionalità fino a ora compare solo nel titolo – denunciato a piede libero – da chi non viene esplicitato – a una nuova ipotesi che punta al coinvolgimento della malavita organizzata e del racket. E si aggiunge anche:

«Bisogna capire, però, ammesso che si trovi l’esecutore o gli esecutori materiali dei raid, chi siano i mandanti».

Quindi di quale attentato parliamo in questo caso? Del Baraka, di Cento55 o della Pecora Elettrica? C’è una pista comune? Se così fosse il tunisino ne è l’esecutore materiale? Nessuno certifica che sia stato lui né, tantomeno, che ci sia al momento il coinvolgimento di altre persone, ma al lettore attento tornano in mente le modalità e le foto dei locali incendiati; alla Pecora Elettrica è stato introdotto, dopo uno scassinamento della serranda con piede di porco, uno scooter poi dato alle fiamme. Il tunisino senza fissa dimora è una sorta di Ironman?

Secondo capoverso, seconda frase:

«C’è una matrice straniera dietro gli attentati? Un’ipotesi punta alle bande di nordafricani che vorrebbero il monopolio dello spaccio nella zona attorno al parco del Forte Prenestino».

Allarghiamo il campo dalla Tunisia al nord Africa per il controllo del territorio, una banda che vuole impossessarsi della zona. Ma nella frase sopra si parla di malavita organizzata e di racket che, di solito, controllano bande di spacciatori stranieri. Sono gli stessi africani ora che controllano il territorio? Oppuro sono guidati da entità superiori?

«Ma gli investigatori non escludono, invece, che possano esserci nuovi interessi pronti a sbarcare nell’ex quartiere popolare ora in forte espansione economica con l’apertura di diverse attività, specialmente pub e localini di street-food. Insomma una sorta di importazione del modello Pigneto-San Lorenzo con le piazze dello spaccio aperte e la diffusione massiccia di crack ed eroina affidata agli stranieri, ma gestita dagli italiani».

Torniamo alla prima ipotesi, e cioè quella in cui gli interessi per trasformare il quartiere in una nuova Pigneto o San Lorenzo porterebbero gli inquirenti a pensare che si tratti dell’esportazione del modello già conosciuto a Roma Est della malavita organizzata. Più ipotesi si alternano in maniera confusa. Tutte le piste sono aperte, ma la prima ipotesi solitamente è quella che arriva in maniera più diretta al lettore distratto.

Il terzo capoverso chiude l’articolo:

«Consorterie che vorrebbero mettere le mani e monopolizzare ‘’intera economia del quartiere, mirando alla gestione delle attività, scoraggiando e piegando gli imprenditori onesti impauriti».

Si parla ora di consorterie pronte a mettere le mani e monopolizzare il quartiere spartendosi le attività e buttando fuori gli imprenditori onesti.

Ma non era caccia al tunisino? Per più di metà dell’articolo si parla però di altro: racket, malavita organizzata e consorterie.

Questo articolo sembra un po’ un ‘salmone fatto di inchiostro’. Il titolo dà una certezza e il testo, a mano a mano, passa da fatti a supposizioni per nulla acclarate. Sarebbe interessante intervistare la giornalista per avere informazioni di primo acchito sulle sue gole profonde all’interno delle forze dell’ordine e conoscere le statistiche dell’articolo su Il Messaggero on line, per sapere quante persone hanno condiviso l’articolo dopo pochi secondi di lettura.

Un’operazione del genere, a livello mediatico, è riconducibile in maniera tecnica a due fenomeni:
1) il clickbait, cioè l’aggiunta di titoli sensazionalistici ad articoli spesso confusi e privi di reali contenuti, per far cliccare sul link, avere molte visualizzazioni e, di conseguenza, molte interazioni con la pagina, che in genere portano all’aumento di inserzioni pubblicitarie e all’arrivo di introiti. In questo caso, però, il soggetto è Il Messaggero, una testata nazionale che ci aspettiamo faccia cronaca e non ipotesi investigative non verificate. Compito che spetta a organi dello stato.
2) Le fake news, cioè l’invenzione o la sottolineatura di alcuni fatti che poi non vengono approfonditi nell’articolo, così da confondere e suggestionare l’immaginario e il sentimento collettivo.

Entrambi i fenomeni si basano su un dato statistico assodato, circa il 60% degli internauti condivide un articolo dopo aver appena letto il titolo*.

Le conseguenze di condividere e far diventare virale un testo basato su un titolo fuorviante possono essere catastrofiche; giornali e testatine lo ribattono velocemente, dando vita al classico sciacallaggio mediatico dove alla fine, con un salto di schiena Fosbury, si arriva alla conclusione che la Pecora Elettrica e le altre attività che hanno subito un attentato sono state colpite dagli immigrati. Curioso che nel momento dell’entrata in scena della criminalità organizzata anche per interessi immobiliari, inizi a funzionare la macchina del fango che vede protagonisti gli immigrati, prede di facile consumo.

Chi guadagna da questo fraintendimento mediatico, generato da importanti testate nazionali?

*//medium.com/@emilyrosethorne6/we-need-to-start-reading-past-the-headline-but-not-for-the-reasons-you-think-fc64ec53f77b“>https://medium.com/@emilyrosethorne6/we-need-to-start-reading-past-the-headline-but-not-for-the-reasons-you-think-fc64ec53f77b> articolo della rivista medium.

Articoli che hanno ripreso la fake:

https://www.secoloditalia.it/2019/11/libreria-antifascista-incendiata-a-roma-la-polizia-segue-la-pista-africana/
https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/roghi-centocelle-ricercato-tunisino-altro-pista-fascista-136389/
https://www.firenzepost.it/2019/11/11/roma-ricercato-un-italo-tunisino-per-lincendio-alla-libreria-pecora-elettrica/
https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/19_novembre_11/centocelle-quartiere-reagisce-ronde-anti-roghi-ragazzi-b684ddaa-040b-11ea-a09d-144c1806035c.shtml
https://www.bufale.net/pecora-elettrica-e-stato-un-tunisino-nordafricani-vogliono-prendersi-il-quartiere

 
Grande come una città
Grande come una cittàhttps://grandecomeunacitta.org
Grande come una città è un movimento politico-culturale, nato a Roma, nel Terzo municipio, per promuovere l’incontro fra le persone, creare luoghi e momenti di confronto, nella condivisione di valori come inclusione, nonviolenza, antifascismo, e nel rispetto di tutte le opinioni, etnie, religioni e orientamenti sessuali.

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