Se l’Europa tradisce i curdi tradisce se stessa

Questo articolo è uscito il 18-09-2017 su www.retekurdistan.it, che ringraziamo.

l filosofo sloveno Slavoj Žižek in un articolo per Civaka Azad critica aspramente la posizione europea rispetto alla guerra di aggressione turca contro il Rojava/Siria del nord. Il professore dell’università di Lubiana e pensatore noto in tutto il mondo Slavoj Žižek, oltre alla posizione degli Stati, critica anche la posizione di esponenti della ‘sinistra’ anti-imperialista che condanna l’Amministrazione Autonoma per la sua alleanza tattica con gli USA. Fa notare i valori che le curde e i curdi hanno creato per quanto riguarda femminismo, libertà e laicità. In un articolo per Civaka Azad – Kurdisches Zentrum für Öffentlichkeitsarbeit, scrive:

Ben più di cento anni fa Karl May scrisse il bestseller Attraverso il selvaggio Kurdistan sulle avventure di un eroe tedesco, Kara Ben Nemsi, in questa parte del mondo [NdT: non risulta che il libro sia tradotto in italiano, esiste tuttavia un film del 1965 dal titolo Il giustiziere del Kurdistan]. Questo libro incredibilmente popolare, ha posto la base per la percezione del Kurdistan in Europa centrale: un luogo di brutali guerre tribali, ingenua sincerità e sentimento dell’onore, ma anche di superstizione, tradimento e crudele guerra permanente – il quasi caricaturale altro della civiltà europea. Se andiamo a guardare le curde e i curdi di oggi, dovremmo meravigliarci di questo cliché – in Turchia, dove conosco relativamente bene la situazione, noto che la minoranza curda è la parte più moderna e laica della società, lontana da qualsiasi fondamentalismo religioso, con un femminismo sviluppato, ecc. Lo ‘Stable Genius’ (la ripetuta autodefinizione di Trump) ha motivato il suo recente tradimento delle curde e dei curdi (ha giustificato l’invasione turca nell’enclave curda in Siria del nord) con la constatazione che ‘i curdi non sono angeli’ – naturale, dato che per lui gli unici angeli nella regione sono Israele (in particolare in Cisgiordania) e l’Arabia Saudita (soprattutto nello Yemen). In un certo senso però sono gli unici angeli in questa parte del mondo.

Il destino dei curdi li rende vittima esemplare dei giochi geopolitici coloniali: situati sul confine di quattro Stati vicini (Turchia, Siria, Iraq, Iran), la loro (più che meritata) autonomia non avrebbe dovuto essere affare di nessuno, dato che ne hanno pagato il prezzo pieno. Ci ricordiamo ancora del massiccio bombardamento di Saddam e all’attacco con gas tossici contro le curde e i curdi nel nord dell’Iraq all’inizio degli anni ’90? In tempi più recenti la Turchia da anni gioca una partita militare-politica ben pianificata in cui ufficialmente combatte IS, ma in effetti bombarda le curde e i curdi che davvero combattono IS.

Utopia vissuta in Rojava
Negli ultimi decenni la capacità dei curdi di organizzare da sé la propria vita comunalista è stata messa alla prova in condizioni sperimentali quasi evidenti: quando è stato dato loro spazio per respirare, fuori dai conflitti degli Stati circostanti, hanno sorpreso il mondo. Poco dopo la caduta di Saddam, l’enclave curda nel nord dell’Iraq si è sviluppata nell’unica parte sicura dell’Iraq con istituzioni ben funzionanti e perfino voli regolari verso l’Europa. In Siria del nord, l’enclave curda situata in Rojava, era un luogo unico nella presente confusione geopolitica. Quando ai curdi è stata concessa una pausa dai loro grandi vicini, che altrimenti li hanno costantemente minacciati, hanno rapidamente costruito una società che si può definire solo come un’utopia effettivamente esistente e ben funzionante. Per mio personale interesse professionale ho notato la fiorente comunità intellettuale in Rojava che mi ha ripetutamente invitato per delle conferenze – questi piani sono stati brutalmente interrotti da tensioni militari nella regione.

Distanza critica di alcuni esponenti della sinistra ‘ripugnante’
Ma ciò che mi ha particolarmente rattristato è stata la reazione di alcuni miei colleghi ‘di sinistra’ che si stizzivano per il fatto che i curdi hanno dovuto fare affidamento sulla protezione militare degli USA – cosa avrebbero dovuto fare, imprigionati tra le tensioni tra la Turchia, la guerra civile siriana, il caos iracheno e l’Iran? Avevano un’altra scelta? Dovevano sacrificarsi sull’altare della solidarietà anti-imperialista? Questa distanza critica ‘di sinistra’, non era meno ripugnante della stessa distanza rispetto alla Macedonia. Alcuni mesi fa ci si chiedeva come si potesse risolvere il problema dell’assegnazione del nome: la Macedonia doveva cambiare il suo nome ‘Macedonia del Nord’. Questa soluzione è stata subito attaccata dai radicali in entrambi i Paesi: oppositori greci insistevano sul fatto che ‘Macedonia’ fosse un antico nome greco e oppositori macedoni si sentivano umiliati con la riduzione a una provincia ‘settentrionale’ perché loro sarebbero l’unico popolo chiamato ‘macedoni’. Per quanto fosse incompleta questa soluzione, offriva un soffio di speranza per mettere fine a una lunga e insensata battaglia con un compromesso ragionevole. Nonostante ciò è stato trascinato in un’altra lotta: la lotta tra le grandi potenze (USA e UE da un lato, Russia dall’altro). L’occidente esercitava pressione su entrambe le parti per accettare il compromesso in modo che la Macedonia potesse rapidamente entrare a far parte dell’UE e della NATO, mentre la Russia per la stessa identica ragione (dato che vedeva un pericolo di perdita della sua influenza nei Balcani) si pronunciava in modo contrario e sosteneva rabbiose e conservatrici forze nazionaliste. Da quale parte quindi dovremmo posizionarci qui? Io penso che dovremmo metterci in modo deciso dalla parte del compromesso e questo per la semplice ragione che è l’unica soluzione realistica del problema – la Russia vi si è opposta solo per i suoi interessi geopolitici senza offrire un’altra soluzione, in modo tale che sostenere la Russia in questo caso avrebbe significato sacrificare l’unica soluzione ragionevole dello straordinario problema delle relazioni macedoni e greche agli interessi geopolitici internazionali. (Se la Francia ora mette un veto a all’ingresso della Macedonia nell’UE, sarà responsabile per una imprevedibile catastrofe in questa parte dei Balcani) le curde e i curdi ora saranno confrontati con un simile contraccolpo da parte di esponenti della nostra ‘sinistra’ anti-imperialista?

È nostro dovere sostenere i curdi illimitatamente
Per questo è nostro dovere sostenere illimitatamente la resistenza dei curdi contro l’invasione turca e condannare con rigore gli sporchi giochi che le potenze internazionali giocano con loro. Mentre lo Stato sovrano intorno a loro sta gradualmente sprofondando nella barbarie, le curde e i curdi sono l’unico raggio di luce. E non si tratta solo delle curde e dei curdi, ma anche di noi e di quale tipo di nuovo ordine globale nasce. Se le curde e i curdi vengono abbandonati, ci sarà un nuovo ordine nel quale non ci sarà posto per la parte più preziosa del patrimonio europeo dell’emancipazione. Se l’Europa distoglie lo sguardo dai curdi, tradirà se stessa. L’Europa che tradisce le curde e i curdi diventa il vero Europastan!

Fonte: ANF

Link all’articolo originale in lingua tedesca:

Durchs wilde Kurdistan?

Grande come una città
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Grande come una città è un movimento politico-culturale, nato a Roma, nel Terzo municipio, per promuovere l’incontro fra le persone, creare luoghi e momenti di confronto, nella condivisione di valori come inclusione, nonviolenza, antifascismo, e nel rispetto di tutte le opinioni, etnie, religioni e orientamenti sessuali.

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