Per rispetto, più che altro, verso la pace del luogo, apriamo con svogliata pacatezza con suoni appena accennati. Via via il suono diventa rumore, quasi assordante, esagerato, imperfetto. Allora, tutto tace, gli animali spaventati si ritirano, il sole scompare e, con esso, anche gli intenti bellicosi dei nostri nemici aldilà del tunnel.
Nessuno di noi sa cosa ci sia aldilà del tunnel.
Per volontà, spesso più mia che non del mio compare, verso l’ora di pranzo, quasi a calmare le nostre dita e gli stomaci vuoti, attacchiamo con motivetti allegri, spesso polke o marce, giusto per far capire dall’altra parte che lo spirito è quello di Ein Prosit, der Gemüetlichkeit, un brindisi all’allegria, al nemico, un inno alla resistenza.
Il mio nome è Albert e, con il mio compare, controlliamo e proteggiamo l’entrata del tunnel, a pochi chilometri dal confine, a circa mille metri di altitudine.
La nostra difesa è affidata agli strumenti che suoniamo. Le nostre armi sono strumenti a corda, tamburi e flauti. La musica entra nel tunnel, come a dire qui abitiamo, qui viviamo, non attraversate.
Nessuno di noi sa la lunghezza esatta del tunnel.
Dopo una piccola sosta, verso mezzogiorno, riprendiamo le nostre sonate spesso con Cowboy und Indianer, giusto un pizzico di allegria, giusto per non cadere nella noia che accompagna la digestione, unita alla malinconia postbellica.
Verso il tardo pomeriggio, invece, poco prima del cambio della guardia, io e David spesso riceviamo la visita del Sindaco e di qualche signora che generosamente ci porta la propria gratitudine, farcita di deliziosi strudel alle mele e frittate dolci.
Non manca certo la birra, quella che il paese riesce a produrre e che, insieme alla somma algebrica degli eventi, aggiunge una piacevole ebbrezza.
Nessuno di noi sa con esattezza chi sia il nemico.
Ogni tanto ci fermiamo oltre il turno e improvvisiamo racconti girando intorno alla nostra panca e illuminati dalle torce poste all’ingresso del tunnel.
Raccontiamo di come il mondo era prima della pecora e del lupo, storie semplici, storie brevi, che ci permettono di tagliare corto sulle domande scomode dei più giovani e tendere l’orecchio all’aldilà del buio. In questi momenti abbandoniamo gli strumenti musicali, le paure, le incertezze e annientiamo quello che resta della luce del giorno, del tunnel e del mondo di fuori. L’indomani tutto riprende, io e il mio compagno ci congediamo, rientrando ognuno per conto suo presso la propria abitazione.
Mi chiamo Albert e, insieme a David, proteggiamo il nostro piccolo mondo da improbabili minacce.
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