Pubblichiamo una breve dissertazione sulla fotografia di Alfredo Bernasconi, amico di Milano, che ha conosciuto Grande come una città navigando in rete e che noi con piacere ospitiamo.
Un mio assioma: la pigrizia è una benefica maledizione.
L’inattività, l’inerzia, inducono a una diversa osservazione, si ripercorrono itinerari più e più volte.
Lenta digestione di paesaggi visti.
Pur di non agire, ri-agisco.
Fotografo.
Cioè.
A stento conosco me, quindi parlo per me e di me.
In me vige l’istinto del portinaio, senza offesa, forse i fotografi sono reincarnazioni di portinai e portinaie.
Mi domandano: la fotografia esiste ancora? E, nel caso, cosa è?
Bella storia. Stupidaggini, la fotografia è una non domanda.
Sono non presente a me stesso, come sempre, lascio che un mezzo mi mostri altro.
Guardo il prodotto, lo riproduco, lo riproduco e poi lo riproduco.
È sempre diverso, cazzarola.
Tutto questo mi induce all’abbandono.
Ne ho sofferto tantissimo, povero me!
Ma per me questo è il senso, la fotografia è talmente libera che mette l’ebrezza.
Mi resi conto che la schiavitù non fotografa, la forma mentis rende orbi, se non ciechi.
Comprendere, comprensione, compressione, apprensione, apprendimento.
Grande fortuna, la mia.
Duro è stato ammettere che il risvolto della medaglia è la paura del confronto. Con il tempo ho imparato ad alzare il tappeto e a scoparci sotto alcuni pensieri.
forme, sguardi con altri significati.
Infinito.
Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte.
L’ho letto da ragazzino, nella prefazione era spiegato il contenuto del testo che poi sarebbe seguito.
Innocentemente ho pensato che fosse meno noiosa e più efficace la prima parte del libro che non tutto il resto.
Forse la noia attanaglia le parole, a volte un po’ cialtrone; la fotografia è un bel modo per sgattaiolare.
Concludo questa, spero breve per chi legge, dissertazione di cui non se ne comprende
l’utilità, ma questo vale, del resto, per tantissime cose mondane.
Un saluto,