Un paese senza manutenzione


Considerazioni di un ingegnere su tragedie mancate, sfiorate, accadute e imminenti


di Emilio Santa Maria

Avevo cominciato a mettere su carta qualche riflessione lo scorso anno, dopo l’incidente ferroviario che ha coinvolto un Frecciarossa nei pressi di Milano. In seguito, il susseguirsi di altri episodi di mala-manutenzione mi ha portato a riprendere in mano quegli appunti per completarli e dar loro forma. 
Prima o poi doveva succedere vista la frequenza con cui si manifestano guasti di ogni genere sulle linee ferroviarie. 

Passo ogni giorno per la stazione di Roma-Tiburtina e non c’è volta che non vengano annunciati ritardi a causa di “guasti agli impianti di circolazione” o “guasti a un treno precedente” su almeno una delle linee di questo nodo ferroviario. 
Gli annunci sono accompagnati dalle immancabili scuse ai passeggeri per il disagio arrecato ma non può sempre andare bene, prima o poi bisogna aspettarsi qualcosa di grosso − anche solo per un discorso statistico. 

Il problema è che siamo talmente abituati a queste carenze e a questi ritardi che non ci si fa quasi più caso. Si parla di fortuna o di sfortuna ma le cose non stanno così. 
Si tratta invece di una mancanza di manutenzione, di un’incuria che tocca tutto: le strade di Roma, gli autobus che prendono fuoco, le scale mobili della metro; ma anche, guardando fuori dall’Urbe, i ponti di autostrade e strade italiane, le zone a rischio frane, gli impianti sciistici.


È un discorso, quello della cattiva manutenzione, che si potrebbe addirittura allargare alla Storia. Se non si fa una corretta manutenzione della Storia ecco che riemergono i negazionismi e a prendere voce sono coloro che cercano di riscrivere pagine buie del nostro passato con il capzioso intento di riabilitare personaggi che andrebbero ricordati solamente per i loro trascorsi criminosi. 

Ma tornando agli aspetti tecnici del problema ﹣ dato che non sono uno storico ﹣ trovo estremamente inquietante il discorso che le agenzie di stampa attribuivano al procuratore incaricato delle indagini sul disastro di Lodi (deragliamento di un Frecciarossa). 
Dire che “certamente c’era un guasto, altrimenti non si sarebbero messi a fare manutenzione”, non è solo una dichiarazione inquietante e priva di ogni fondamento tecnico ma è anche la riprova dello stato di totale rassegnazione fatalistica in cui ci ritroviamo dopo decenni di abitudine alla negligenza, al disagio e alla mancanza di attenzione verso noi cittadini, di qualsiasi servizio ci capiti di essere utenti. 

No, la manutenzione non si deve fare quando le cose si rompono. 
La manutenzione si fa quando si sa che le cose si romperanno, ma prima che si rompano. 
E questo è un discorso generale, sia ben chiaro, che non vale sono nei casi eccezionali in cui purtroppo si compiono le tragedie. Non c’è nessuna pretesa di ipotizzare spiegazioni per il terribile incidente in cui sono caduti i due lavoratori delle ferrovie o per altri più recenti drammatici episodi in cui la mancanza di interventi manutentivi, alle volte accoppiata ad una criminale esclusione di sistemi di sicurezza, ha generato gravi incidenti. 

Stazione Tiburtina – Piazzale Ipogeo



Ci auguriamo che le indagini possano fare luce su questi episodi individuando cause e responsabilità, ma il principio generale dell’occorrenza di una manutenzione vale sempre e prescinde dai risultati delle indagini. 
Siamo così evoluti nella tecnologia da riuscire a prevedere benissimo quando un qualcosa si romperà e da programmarne l’obsolescenza. Potremmo effettuare quindi altrettanto bene la manutenzione predittiva, ovvero un’analisi che ci permette di operare, appunto, preventivamente, evitando rotture di schianto e tutto quanto è ad esse collegato. 

Eppure la frequenza di guasti sulle linee ferroviarie ci racconta che questa tecnica predittiva non viene quasi mai applicata, o almeno non nei servizi pubblici. Ma perché accade questo? 

Si potrebbe pensare ad una scarsa lungimiranza e a un senso completamente errato del contenimento dei costi. Tagliare le spese di manutenzione è una delle prime mosse che si fa per rimettere a posto i conti dissestati di un’azienda; in realtà si tratta di un risparmio solo apparente perché si risparmia a preventivo ma poi a consuntivo si spende molto di più.

Si potrebbe anche pensare che ad alcuni dei nostri amministratori importi ben poco degli utenti e che pertanto i costi derivanti dall’interruzione di un servizio non vengano neppure presi in considerazione. 
A voler essere maliziosi, poi, si potrebbe addirittura ipotizzare che qualche amministratore trovi conveniente, per favorire un’impresa “amica”, far intervenire le ditte di manutenzione in emergenza così da non essere poi vincolati a una gara e alla scelta di un preventivo conveniente (si sa infatti che quando c’è un’emergenza non si guarda più ai costi ma solo alla rapidità dell’intervento). 

E così, per una o più di queste ragioni, la manutenzione si fa aspettando l’evento della rottura quindi in sostanza non si fa in modo corretto. 
È un gioco pericoloso perché in alcuni casi quando le cose si rompono la conseguenza è tragica. E non è la sfortuna o il malocchio a farla accadere bensì una maledetta quanto banale e criminale, mancanza di manutenzione. 
Una tragedia molto recente ci insegna qualcosa di altro sulla manutenzione o, meglio, sulla sua assenza. 

Una cosa si guasta? Un sistema di sicurezza entra in funzione senza apparente motivo? E allora si decide di inibire il sistema. Perché la manutenzione costa, perché la manutenzione fa perdere tempo. Ma non farla a volte fa perdere vite umane. E, a quanto pare, a qualcuno non importa poi così tanto. 

Passando a valutare l’aspetto gestionale, ormai da molti anni la manutenzione si delega a terzi. Per risparmiare, si dice. Peccato che il contenimento dei costi passi molto spesso per la riduzione della qualifica del personale: meno il personale sarà preparato, meno lo si pagherà. La conseguenza è ovviamente che la manutenzione, in questi casi, viene eseguita in modo sommario, superficiale o insufficiente perché in mano a personale non specializzato.
Questa la tendenza generale. 

Una tendenza che, come detto sopra, non tiene conto di disservizi, disagi, interruzioni. Si assumono rischi inaccettabili affidandosi alla fortuna, e forse alla possibilità, sempre aperta in questo paese, di farla franca laddove la tragedia poi effettivamente accadesse.

Ho già parlato di quanto sia inquietante e pericoloso abituarsi a tutto ciò, non fare caso al fatto che un servizio pubblico si blocchi facendo perdere tempo e soldi agli utenti, facendo mancare loro appuntamenti, perché i loro interessi mai sono in cima alle preoccupazioni di eroga i servizi. 

È un’abitudine che concorre ad abbrutire le persone; le spersonalizza, le rende sempre meno partecipi alla vita della comunità cui appartengono e sempre più simili ad oggetti, aumenta la frustrazione e la sensazione di non contare nulla, di essere semplicemente in balìa di eventi incontrollabili. 
Ma non è affatto così. Non si devono interpretare in modo fatalistico certi accadimenti perché essi non sono figli della malasorte o del fato avverso. Se ne dovrebbero piuttosto rintracciare le responsabilità e capire che le tragedie molto spesso dipendono da tutti quei comportamenti che deliberatamente ignorano norme e doveri verso il prossimo.

Estendendo, con una scintilla finale, il discorso fin qui condotto, credo di poter dire che scopriremo presto anche il prezzo della cattiva manutenzione dell’istituzione scuola.
In questo caso non servono sofisticati strumenti di previsione: alto, il prezzo sarà alto.


Stazione Tiburtina Roma Ritardi
Monitor con arrivi, partenze e ritardi dei treni alla Stazione Tiburtina di Roma

Emilio Santa Maria, ingegnere meccanico, è responsabile del Sistema di Gestione dell’Energia di una grande azienda italiana classificata come energivora, ha esperienza pluridecennale nel campo industriale, CTU al Tribunale di Roma per impianti meccanici, sicurezza impianti nucleari, macchine industriali, metallurgia e siderurgia, auditor per i principali sistemi di gestione.

Grande come una città
Grande come una cittàhttps://grandecomeunacitta.org
Grande come una città è un movimento politico-culturale, nato a Roma, nel Terzo municipio, per promuovere l’incontro fra le persone, creare luoghi e momenti di confronto, nella condivisione di valori come inclusione, nonviolenza, antifascismo, e nel rispetto di tutte le opinioni, etnie, religioni e orientamenti sessuali.

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