Il regista Alessandro Fabrizi in dialogo con Grande Come una Città

In replica domani 28 Luglio alle 18:30, nell’ambito della rassegna Arcadia Urbana, “L’Aminta” di Torquato Tasso. A portare in scena la favola lirica dell’amore tra il pastore e la ninfa Silvia, a 450 anni dalla prima assoluta avvenuta nel Belvedere di Ferrara, il regista e attore Alessandro Fabrizi, curatore anche delle musiche. Lo spettacolo si tiene al Parco delle Valli, in assenza di un palcoscenico predisposto e senza elettricità per l’amplificazione del suono, della voce, e per le luci. In scena gli attori Maria Vittoria Agresti, Francesco Buttironi, Giovanni Ciaffoni, Alessio Esposito, Alessio Ingravalle, Giuseppe Lanino, Amedeo Monda, Laura Mazzi, Alessandro Regoli, Maurizio Rippa. 

1) Cosa rappresenta per lei il poema del Tasso?

Per me l’Aminta del Tasso è una delle più belle, inquiete, turbolente e riccamente inconcludenti interrogazioni sull’amore di tutti i tempi: pieno di domande e di risposte che si contraddicono l’una con l’altra, è un testo vivo e incandescente che mette in gioco questioni sociali quali il matrimonio e il patriarcato, erotiche – a volte sembra anticipare Bataille -, filosofiche e mistiche nella finzione apparentemente rarefatta della favola boschereccia.

2) Cosa si intende per allestimento site-specific?

Site-specific significa che è il luogo a determinare, perlomeno al 50%, le azioni, le intonazioni, i gesti e i movimenti degli attori nello spazio. Il luogo (site) ha delle richieste specifiche. In alcuni casi disturba (il mare in tempesta, le cicale del parco delle Valli a Roma), a volte ispira e regala scenografie ed effetti luce difficilmente riproducibili al chiuso di un teatro. E permette al pubblico di distrarsi, di guardare altrove, di integrare il volo di un uccello con una battuta di un attore…

3) Che tipo di lavoro avete fatto sul testo in versi per renderli accessibili a un pubblico contemporaneo?

Il nostro desiderio era quello di far godere il pubblico di questa lingua meravigliosa e dei versi del ‘500, di condividerli, comunicarli, di farli arrivare, nel rispetto della loro struttura, della loro composizione – sono quasi tutti endecasillabi, e molti settenari – senza farli diventare discorso in prosa contemporaneo. E per far questo abbiamo cercato di assorbire la metrica traducendone i ritmi in ritmi del pensiero, in movimenti e-motivi, in pulsazioni del cuore.

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