Oggi è un anno esatto da quando Luca Serianni apriva la stagione di Grande come una città. Ideata da Christian Raimo, Assessore alla Cultura del Municipio III Roma Montesacro della giunta del Presidente Giovanni Caudo, con la Chiamata alle arti del settembre scorso, Grande come una città ha messo radici in un territorio vuoto di iniziative culturali e sociali pubbliche.
La grande mobilitazione spontanea che ne è scaturita è più di una semplice risposta al mancato investimento nella cultura da parte dello Stato italiano, evidente nelle pieghe di un tessuto urbano dove oramai in molti siamo costretti a vivere senza cinema, teatri, biblioteche, gallerie d’arte e centri culturali.
Ci piace chiamare la nostra un’azione di cittadinanza attiva nel Terzo municipio, mossa dalla voglia di condividere saperi, credendo nella pedagogia dal basso e decidendo di donare al territorio il proprio tempo, le proprie intelligenze e competenze. Un atto politico nello spirito di una importante crescita culturale collettiva che trova la sua spinta nella partecipazione e inclusione di tutte e tutti e che crede fermamente nel valore della cultura come collante sociale.
Il programma realizzato in questo primo anno è di per sé un’esperienza visionaria, sorprendente e inaspettata. Una scuola di politica popolare, laboratori di percussioni per bambini sordi, reading di poesia nei bar del quartiere, un ciclo di lezioni di storia, teatro nelle case private, incontri con intellettuali di rilievo internazionale, shooting fotografici nei mercati rionali, una scuola di Italiano per i nuovi arrivati nella nostra società, performance teatrali nelle piscine e incontri con scrittori, rassegne cinematografiche e presentazioni di documentari ovunque ci sia uno schermo. E ancora Mozart e Beethoven nei licei della Bufalotta e la musica per immagini in quelli del Tufello, 180 coristi in concerto, una festa per il 25 Aprile nel Brancaleone riaperto. E poi incontri con storici, linguisti, attori, registi, giornalisti, musicisti, sceneggiatori, scrittori e critici.
Oggi, rivendicando il nostro ruolo di militanti e pensando a come proseguire il nostro cammino – che trova la sua ragion d’essere nella volontà di far germinare i semi che abbiamo lanciato in questo lungo anno di mobilitazione culturale, politica e sociale – ci auspichiamo che il nostro fare e pensare politico mostri quanto sia vitale investire nella cultura e rileggere tale investimento come importante voce del Welfare.
Per queste ragioni vogliamo affermare con risolutezza che il ruolo della nostra azione implica l’impegno delle nostre capacità intellettuali e delle nostre competenze, ma è attento al labile confine del volontariato che non deve supplire l’amministrazione pubblica nell’esercizio di una politica culturale a costo zero e privata da anni dal sostegno economico pubblico sia a livello nazionale che locale. Non intendendo sostituirci alle mancanze dello Stato confidiamo in un modello di cittadinanza attiva che continui a essere un laboratorio di esperienze per il territorio ma che si faccia anche promotore di iniziative politiche per rivendicare risorse, spazi e fondi per la cultura e l’istruzione.
Foto di Francesca Pietrisanti