Il modello Roma: dalla città pubblica alla città del consumo

Federico Bonadonna
Enrico Puccini

Il modello Roma: dalla città pubblica alla città del consumo
Le premesse per la nascita delle prime banlieue capitoline
8 aprile 2019
Sala Consiliare III Municipio
piazza Sempione, 15 Roma

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Il ‘modello Roma’ è il sistema di potere che ha governato la Capitale dal 1993 al 2013 con Rutelli e Veltroni, perseguito con altri mezzi da Alemanno. È stato un concentrato delle peggiori pratiche politico-amministrative degli ultimi vent’anni – il diritto edificatorio, la compensazione urbanistica, l’intangibilità della rendita fondiaria, la mancanza di politiche abitative – e tutto questo nel nome della città pubblica vagheggiata da Petroselli, divenuta invece ‘città del consumo’. Se con i fondi di Roma Capitale, del Giubileo e dei Mondiali di nuoto sarebbe stato possibile affrancare la città dall’emergenza sociale, si è invece assistito alla realizzazione, come affermato da Renato Nicolini, del «peggior Piano Regolatore Generale della storia di Roma», che ha visto l’apertura di 36 centri commerciali nelle nuove periferie polverizzate e l’edificazione di quartieri-dormitorio stile anni cinquanta.
Il modello Roma è anche la tolleranza zero della ‘segregazione amichevole’ di 6.000 romani nei ‘villaggi della solidarietà’; degli sgomberi a raffica di campi, occupazioni e baraccopoli, della gestione dell’omicidio Reggiani nel 2007, quando Veltroni ottenne dal governo un decreto sicurezza, scritto da Minniti – che con D’Alema ministro, lavora a un accordo con Gheddafi per bloccare i migranti in Libia –, per espellere cittadini comunitari. «Roma era la città più sicura del mondo prima dell’ingresso della Romania nell’Ue», dichiarerà il sindaco.
Il ‘modello Roma’ è anche un vortice scenografico di notti bianche, Nuvole e feste del cinema. Una volta smaltito l’incantesimo collettivo, resteranno una colata di 70 milioni di metri cubi di cemento, le occupazioni di CasaPound e le periferie abbandonate.
Da quando esistono le città, vi è un centro e una periferia. I nostri centri urbani hanno subito processi di espansione millenari in cui, a mano a mano, luoghi periferici sono stati assimilati a tal punto da divenire centrali. Per parlare della storia recente, per esempio, i quartieri popolari di Testaccio, Garbatella e Montesacro, che si sviluppano fino agli anni trenta agli estremi lembi del territorio allora edificato, cinquant’anni dopo il loro completamento, ossia negli anni ottanta, risultano essere interventi perfettamente integrati. La città li ha assimilati ed è andata oltre, in un processo del tutto naturale.
La stessa distanza temporale – cinquant’anni – ci separa dalla grande stagione dei Piani di edilizia economica e popolare, iniziata nel 1972, che ha visto la realizzazione di quartieri come Corviale, Laurentino, Vigne Nuove, solo per citarne alcuni. Eppure oggi chiamiamo questi luoghi ancora periferia. Nonostante il lasso di tempo passato sia lo stesso, sembra esserci stata una forma di rigetto. Questi quartieri sono congelati in una bolla spazio-temporale che li relega a una dimensione periferica. Eppure la città in questo arco di tempo si è sviluppata, a volte andando ben oltre i suoi limiti comunali. Così mentre i comuni dell’hinterland romano – trasformati da seconde case a luoghi residenziali – mostrano una nuova vitalità, le periferie pubbliche sembrano destinate a un futuro di immobilismo. Le cause e gli strumenti per superare questo stato di cose verranno illustrate nel corso dell’incontro.

Federico Bonadonna (1966) ha lavorato vent’anni nel settore delle politiche sociali con don Luigi di Liegro, Aldo Morrone e don Mario Picchi. Dal 1997 al 2008 è stato consulente e dirigente del Comune di Roma, responsabile dell’organizzazione dei servizi di accoglienza e di inserimento sociale per senzatetto e migranti. In quegli anni ha insegnato in varie università. Tra il 2008 e il 2017 ha vissuto e lavorato in Libano, Siria, Etiopia, Gibuti e Senegal. Ha scritto Il nome del barbone. Vita di strada e povertà estreme in Italia (DeriveApprodi, 2001), da cui Citto Maselli nel 2007 ha tratto il film-documentario Civico Zero. Il suo cortometraggio sui senzatetto romani Il Vortice dell’anonimo (1995) ha vinto premi ai festival del cinema di Torino e Imola nel 1996. Nel 2010 ha scritto il saggio Occasioni mancate. Antropologia delle marginalità estreme e politiche sociali, seguito dal romanzo La cognizione del potere (Castelvecchi, 2015) e da Hostia, l’innocenza del male (Round Robin, 2018), in concorso al Premio Strega 2019.

Enrico Puccini (Venezia, 1969) ha svolto attività di didattica e ricerca presso la facoltà di Architettura “Valle Giulia” della Sapienza Università di Roma. Dal 2009 al 2013 ha insegnato Progettazione Architettonica e ha partecipato ad attività di consulenza sul tema dell’housing. Dal 2008 al 2011 ha collaborato alla ricerca PRIN del Miur Riqualificazione e aggiornamento del patrimonio di edilizia pubblica. Linee guida per gli interventi nei quartieri innovativi IACP nell’Italia centromeridionale, e, nello stesso periodo, per Roma Capitale, è stato membro del gruppo che ha redatto il Codice di pratica per la progettazione urbana, architettonica e tecnologica dell’edilizia residenziale pubblica a Roma, linee guida per la progettazione di interventi ancora in uso presso l’Amministrazione Capitolina. Nel 2013 collabora con la prima Giunta Marino, prima in veste di esperto di social housing e, in seguito, come capo staff all’Assessorato alla Casa e al Lavoro. Ha seguito in quel periodo diversi progetti: dall’istituzione del Buono Casa, alla razionalizzazione del patrimonio pubblico, dall’Agenzia Sociale per gli Affitti fino alla istituzione di un Osservatorio sulla condizione abitativa. Dal 2018 gestisce il blog Osservatorio Casa Roma per la divulgazione di dati e analisi sul tema. Ha pubblicato studi, ricerche di settore e monografie, fra cui Verso una politica della casa: dall’emergenza abitativa romana ad un nuovo modello nazionale (Ediesse, 2016). Ha svolto attività di consulenza sul tema ‘casa’ per la puntata Poveri noi di Presa diretta, Rai 3, per il documentario Habito dell’Ordine degli Architetti e Pianificatori di Roma e Provincia, e per la rubrica Approfondimenti di Rai News 24.

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Grande come una città è un movimento politico-culturale, nato a Roma, nel Terzo municipio, per promuovere l’incontro fra le persone, creare luoghi e momenti di confronto, nella condivisione di valori come inclusione, nonviolenza, antifascismo, e nel rispetto di tutte le opinioni, etnie, religioni e orientamenti sessuali.

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