Il 20 dicembre del 1986, William Shatner, al secolo il capitano James Tiberius Kirk dell’astronave Enterprise, partecipò al famoso Saturday Night Live di New York. Coerentemente con lo stile dello show, Shatner, tra gli altri, fece anche un famoso sketch nel quale interpretava se stesso ospite di una convention di fan di Star Trek. Esasperato dal pubblico, rappresentato come un gruppo di disadattati sociali sovrappeso, interessati solo a delle insignificanti minuzie sul mondo di Star Trek, alla fine Shatner esplose sul palco con quella che era destinata a diventare una battuta storica: «Get a life!», ovvero: «Fatevi una vita!».
Quanto c’era di vero in quelle parole? Davvero i fan di Star Trek, o ‘Trekker’, come amano farsi chiamare, sono quei bambinoni che vivono a casa dei genitori e che non hanno mai baciato una ragazza?
Anche se all’epoca qualche fan si risentì, la maggior parte prese con il giusto spirito a quello sketch, ancora oggi uno dei favoriti dai Trekker. Almeno non si può dire che ai Trekker manchi l’autoironia. Lo stesso Shatner, nel corso degli anni, deve essersi un po’ ricreduto sull’immagine che aveva degli appassionati della saga. Nel 1999, infatti, ha pubblicato un libro sempre con lo stesso titolo, Get a Life!, scritto insieme a Chrisk Kreski. Per quel volume, Shatner intervistò decine e decine di Trekker, proprio con l’idea di conoscere meglio quel mondo che fino ad allora aveva in qualche modo sottovalutato. E naturalmente scoprì che sotto c’era molto di più del gruppo di nerd disadattati che comparivano nel suo sketch. Non pago, nel 2012, Shatner realizzò un documentario, sempre con lo stesso titolo, per approfondire ancora di più, con interviste a diversi studiosi, quali fossero le motivazioni dietro al comportamento dei Trekker.
Come è nato tutto questo? Facciamo un piccolo passo indietro. La serie originale di Star Trek, ormai conosciuta come ‘serie classica’, è stata trasmessa per la prima volta negli Stati Uniti tra il 1966 e il 1969, e il fenomeno del fandom (unione della parola ‘fan’ con il suffisso ‘-dom’ da ‘domain’, come ‘kingdom’, ovvero ‘il regno dei fan’) si è sviluppato quasi immediatamente. Anzi, i fan di Star Trek si rivelarono cruciali proprio per la sopravvivenza stessa della serie. Con degli indici di ascolto zoppicanti, Star Trek rischiava infatti di essere chiusa alla fine della seconda stagione; fu proprio grazie a una campagna di lettere, coordinata dalla fan storica Bjo Trimble, che la CBS decise di rinnovare la serie per una terza stagione.
È vero, Star Trek finì in quello che veniva definito il death slot, il ‘posizionamento della morte’, il venerdì sera, quando il giovane pubblico della serie generalmente esce di casa e non guarda la TV. Tuttavia, quella terza stagione si rivelò cruciale per la sopravvivenza della saga, consentendo a Star Trek di raggiungere quel numero di episodi sufficienti per essere venduta nel mercato del syndication, cioè le centinaia di emittenti locali statunitensi che mandavano in onda le repliche delle serie TV già trasmesse sui canali nazionali. In syndication, le serie venivano trasmesse ‘a striscia’, con un nuovo episodio ogni giorno, motivo per cui era necessario avere almeno un’ottantina di episodi, altrimenti il ciclo si sarebbe esaurito troppo in fretta e gli spettatori avrebbero rivisto gli stessi episodi dopo troppo poco tempo. Star Trek scoprì il suo pubblico e il suo successo proprio grazie alle repliche, per cui la saga potrebbe non esistere oggi se non fosse stata salvata allora dai Trekker.
Gennaio 1967. Vulcanalia, la prima fanzine in assoluto dedicata a Star Trek.
Come anticipato, il fenomeno del fandom nacque quasi in contemporanea con la prima messa in onda della serie. Spesso viene riportato, tra gli altri da Wikipedia, che la prima fanzine dedicata a Star Trek fu Spockanalia, pubblicata per la prima volta nel settembre 1967, quando la serie iniziava il suo secondo anno. La rivista raccoglieva quella che viene definita fanfiction, ovvero racconti e altre composizioni scritte dai fan in-universe, immaginando come reale l’universo di Star Trek. Naturalmente, particolare attenzione era data al personaggio di Spock. In verità, Spockanalia fu preceduta di diversi mesi – gennaio 1967, quindi quando ancora era in onda la prima stagione – dalla prima vera fanzine di Star Trek, Vulcanalia, sempre molto vicina ai ‘Vulcaniani’. Vulcanalia non conteneva fanfiction, ma solo articoli informativi sulla serie, sugli episodi e sui personaggi. Dal punto di vista creativo, le fanfiction erano l’espressione principale del fandom di Star Trek dell’epoca. Due fenomeni in particolare sono degni di nota. Innanzi tutto, bisogna premettere che il primissimo fandom di Star Trek era a prevalenza nettamente femminile, contravvenendo così al classico stereotipo del nerd occhialuto; non sorprende, quindi, che le fanfiction dell’epoca avevano frequentemente donne come protagoniste. E accadeva, non di rado, che queste affascinanti componenti della Flotta Stellare, fossero anche dotate di abilità e competenze straordinarie, a tal punto che i protagonisti principali finivano talvolta con l’innamorarsi perdutamente di loro. Il fenomeno era così diffuso che Mary Sue, il nome di una di queste super-eroine di Star Trek, protagonista di un racconto-parodia, sia diventato in seguito un termine generico per indicare un qualsiasi personaggio di una qualsiasi forma narrativa, così perfetto da risultare assolutamente incredibile. Il secondo fenomeno da notare è la nascita del cosiddetto genere della slashfiction. Questo genere di racconti immaginava una relazione sentimentale omosessuale tra i due protagonisti principali di Star Trek: Kirk e Spock. Il nome si riferisce proprio allo slash, il simbolo della barra – / –, poiché questi racconti venivano indicati con la sigla K/S, proprio dalle iniziali dei due personaggi. Il fenomeno nacque nel fandom inglese e inizialmente non fu ben accolto nella comunità dei Trekker, che lo vedeva come un chiaro tradimento dello spirito dei personaggi originali. Presto però si diffuse anche oltreoceano, tanto che nel 1976 fu pubblicata la prima fanzine interamente dedicata alle slashfiction K/S, intitolata Alternative: The Epilog to Orion. Ironicamente molte di queste prendevano spunto dall’episodio della seconda stagione della serie classica Il duello, che per la prima volta descrive la sessualità vulcaniana. Quest’ultima, in opposizione alla loro filosofia di vita completamente ispirata alla logica e alla rinuncia a qualsiasi emozione, veniva descritta come un istinto animalesco irrefrenabile. Alcune storie si limitavano a descrivere un legame esclusivamente sentimentale tra Kirk e Spock, mentre altre immaginavano il rapporto molto più esplicito (malgrado la fama di rubacuori del capitano). Nato con Star Trek, il fenomeno delle slashfiction si è diffuso successivamente in diversi altri fandom, come quello di Starsky e Hutch, tanto che oggi il termine è diventato generico e indica qualsiasi genere di fanfiction incentrato su un rapporto omosessuale tra i protagonisti, solitamente assente nell’opera originale
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Con la nascita del fandom di Star Trek non tardarono ad arrivare i primi raduni, le convention. Nella sua autobiografia Io sono Spock (1995), Leonard Nimoy racconta di come nella sua prima e unica apparizione pubblica completamente vestito da Spock, in occasione della parata del 1967 di Medford (Oregon), fu salvato dalla polizia locale dai migliaia di fan desiderosi di avere un suo autografo. Il trauma fu tale al punto che Nimoy non è mai più apparso pubblicamente in tutta la sua vita vestito da Spock. La primissima convention vera e propria di Star Trek si è tenuta probabilmente il primo marzo del 1969, durante la terza e ultima stagione della serie, presso la biblioteca pubblica di Newark (New Jersey). Tra gli organizzatori figurava, tra l’altro, una delle fondatrici di Spockanalia. La convention, che davvero diede per la prima volta un’idea della portata del fenomeno, fu però quella che si tenne presso lo Statler Hilton Hotel di New York nel gennaio 1972. Alla convention parteciparono come ospiti Gene Roddenberry, il creatore di Star Trek, e il suo amico scrittore Isaac Asimov. La NASA fornì molti materiali originali per un’esposizione. Gli organizzatori si aspettavano al massimo 500 partecipanti, ma se ne presentarono oltre 3.000 – altre fonti riportano tra 2.000 e 3.000, in ogni caso molti di più di quanti se ne potevano gestire. Come già detto, infatti, Star Trek trovò il suo pubblico proprio durante le repliche, e l’anno successivo parteciparono alla convention 6.000 appassionati, che diventarono 15.000 nel 1974. In quegli anni, oltre 100 fanzine dedicate alla serie furono regolarmente pubblicate negli Stati Uniti.
Da allora il fenomeno non si è più arrestato. Nel 1976 l’intero cast della serie originale fu invitato a partecipare all’inaugurazione del primo Space Shuttle, chiamato Enterprise, proprio grazie a una massiccia campagna di lettere da parte del fandom di Star Trek, organizzata sempre da Bjo Trimble. Per filmare la scena con l’intero equipaggio della nave, radunato nella grande sala ricreativa, centinaia di fan parteciparono alle riprese del primo film, The Motion Picture.
La popolarità del franchise, pur senza mai arrestarsi, ha vissuto un suo momento d’oro negli anni ’90, quando, ogni settimana, furono messe in onda due nuove serie di Star Trek, Deep Space Nine e Voyager. In quel periodo non trascorreva un singolo weekend in tutto l’anno senza che si tenesse una convention di Star Trek da qualche parte, solo negli Stati Uniti. Con l’avvento di Internet, il fandom si è ulteriormente organizzato e allargato. Essendo spesso amanti della tecnologia, i Trekker iniziarono a utilizzare l’allora nascente rete più precocemente rispetto al grande pubblico, tanto che il produttore Rick Berman raccontò che in quegli anni il traffico su Internet era principalmente incentrato su due argomenti: la pornografia e Star Trek.
L’era di Internet ha segnato anche l’esplosione di un altro fenomeno, quello dei fanfilm, ovvero brevi film realizzati dai fan a tema Star Trek. Questa modalità di vivere la propria passione non è unica del fandom di Star Trek, ma vede comunque i suoi risultati migliori proprio nelle produzioni amatoriali legate alle due grandi saghe spaziali di fantascienza cinematografica e televisiva, Star Wars e Star Trek, appunto. Il fenomeno dei fanfilm di Star Trek esiste fin dagli anni ’70. Nel momento in cui la tecnologia ha messo a disposizione degli appassionati la possibilità di fare riprese e montarle con dispositivi casalinghi, i Trekker, che prima si dovevano limitare alla parola scritta, hanno iniziato a raccontare le proprie storie anche attraverso il video. Questo non sorprende visto che l’immagine filmata è proprio l’ambito originale in cui è nata questa saga. Queste prime produzioni, realizzate inizialmente in super 8 e poi in VHS, non erano neanche lontanamente paragonabili a quelle originali. Basti pensare che i fanfilm realizzati in pellicola super 8 spesso erano montati ‘in macchina’: le scene erano girate sequenzialmente e non era possibile ripeterle. La diffusione delle VHS ha consentito un piccolo salto di livello, in quanto il montaggio veniva effettuato in un secondo momento con due videoregistratori. Lo stesso Seth MacFarlane, creatore dei Griffin, e poi autore di The Orville, una vera e propria serie-omaggio a Star Trek, prodotta dalla Fox, negli anni ’80 aveva realizzato il suo fanfilm di Star Trek.
Verso la fine degli anni ’90, grazie all’utilizzo della prima rudimentale computer grafica casalinga, le produzioni dei Trekker iniziarono ad avere una veste un po’ più futuristica. Il fenomeno coinvolse anche gli appassionati italiani, tanto che, nell’estate del 2000, il programma dedicato alla fantascienza Dottor Futuro, in onda sull’ormai defunta TMC2, propose L’ombra dei Borg, un ambizioso fanfilm italiano ispirato a Deep Space Nine e ambientato nella stazione spaziale Deep Space One.
In tempi recenti, grazie all’abbattimento delle barriere tecnologiche, i fanfilm hanno raggiunto livelli sempre più sofisticati, tanto da essere diventati molto somiglianti alle produzioni ‘ufficiali’. Per due fanseries di Star Trek in particolare, Star Trek: Phase II e Star Trek Continues, sono stato ricostruiti in maniera dettagliatissima tutti i set della serie originale, al punto di diventare un’esposizione permanente visitabile dai turisti.
I costi di queste produzioni, che naturalmente non ammettono scopo di lucro, sono sostenuti spesso tramite crowdfunding realizzato on-line. Emblematico è stato il caso dell’annunciata Star Trek: Axanar. Nel 2015, grazie a un primo cortometraggio introduttivo molto ben realizzato, la produzione riuscì a mettere insieme oltre 600 mila dollari per realizzare quello che sarebbe dovuto essere un film vero e proprio, partendo da un obiettivo ben più modesto di 100 mila dollari. Pur essendo un budget misero, se paragonato a quello delle normali produzioni hollywoodiane – l’ultimo film della saga Beyond è costato 185 milioni di dollari –, le clip rilasciate in anteprima sembravano non avere nulla da invidiare ai film ‘ufficiali’. Tra l’altro, con i soldi ricevuti il regista di Axanar aveva già acquistato un magazzino, trasformato poi in teatro di posa, che avrebbe dovuto essere utilizzato per questo e per altri progetti successivi. CBS e Paramount Pictures, detentrici dei diritti di Star Trek, non poterono rimanere a guardare come era avvenuto fino ad allora e, il 29 dicembre 2015, denunciarono la produzione di Axanar per violazione del copyright. Questo incidente portò successivamente alla pubblicazione da parte di CBS e Paramount di dieci linee guida che avrebbero dovuto rispettare tutti i futuri fanfilm di Star Trek, andando di fatto a ostacolare anche altre fanseries in produzione, tra cui la summenzionata Star Trek Continues. Le linee guida CBS-Paramount, infatti, indicavano una durata massima di 15 minuti per ciascun fan film, e una storia complessiva che non poteva superare le due parti, quindi 30 minuti in tutto. La causa fu risolta in sede extragiudiziale nel gennaio 2017, con l’accordo che il film Axanar avrebbe dovuto apportare una serie di modifiche in modo da distanziarsi del tutto dall’universo canonico di Star Trek. A oggi, il film non è stato ancora distribuito.
Sembra, quindi, che non ci siano limiti a quello che i Trekker sono disposti a fare per esprimere la loro passione, dall’arredare l’intera propria casa a tema Trek, fino al parlare una lingua inventata come il Klingon. A questo punto vale la pena porsi un paio di domande. Perché lo fanno? Cos’è che scatena questo desiderio? A questi interrogativi cerca di rispondere, tra gli altri, lo stesso William Shatner. Proprio nel suo documentario Get a Life!, Star Trek è paragonato a una moderna mitologia e, come tale, ha il compito di dare una spiegazione, un senso al nostro mondo. Nata negli anni della corsa allo spazio, la serie originale creata da Gene Roddenberry era intrisa di quella fiducia nel futuro dettata dagli enormi progressi della scienza e della tecnologia di quel periodo. Un’utopia scientifica dunque, nella quale l’uomo si è evoluto anche sotto il profilo morale, lasciandosi alle spalle le ingiustizie sociali che, ora come allora, dominavano gli Stati Uniti e, naturalmente, il resto del mondo. Le produzioni successive hanno attenuato questi toni ottimistici, rispecchiando ciascuna le epoche in cui sono state realizzate ma, in misura diversa, hanno sempre cercato di mantenere un messaggio di fondo: l’uomo può essere migliore di quello che è. Il parallelismo con una sorta di moderna religione è ancora più profondo. La condivisione di un ampio universo narrativo, come avviene per tutte le professioni di fede, innesca quel senso di appartenenza a una comunità, che soddisfa uno dei bisogni primari dell’essere umano, bisogno che le religioni ‘storiche’ nel mondo occidentale riescono a soddisfare con sempre crescente difficoltà. Un’appartenenza sancita da una nuova liturgia, che consiste nel commentare gli episodi, nell’indossare un uniforme, nell’andare alle convention annuali, fino al rito della fila per ottenere il tanto agognato autografo. Come d’altro canto avviene per qualsiasi comunità di questo genere, è difficile trovare dei tratti comuni, oltre alla passione stessa per la saga. Non c’è un’età predominante, non un sesso, non un mestiere, non un orientamento religioso, una corrente politica o un stile di vita che possa dirsi tipico dei Trekker. Di solito, la passione per Star Trek si accompagna a una passione per la tecnologia e la scienza, ma anche in questo aspetto ci sono vistose eccezioni.
E i disadattati sovrappeso che non hanno mai baciato una ragazza? Certo, ci sono anche quelli, insieme a ingegneri, astronauti, filosofi, disegnatori, fumettisti, registi, avvocati, insegnanti, scrittori… insieme a tutti quei ‘disadattati’ che sognano una società migliore nella quale nessuno debba sentirsi alieno. Lunga vita e prosperità.
Immagine: un gruppo di Trekker protesta
sotto gli studi della NBC per impedire
la cancellazione di Star Trek (1968)
Marcello Rossi
Marcello Rossi (Roma, 1972) è stato coordinatore e direttore artistico del Fantafestival tra il 2010 e il 2018. Tra le sue pubblicazioni, Enciclopedia della fantascienza in TV (Fanucci Editore, 2002-2003) con Aleksandar Mickovic e Nicola Vianello, e Lost Trek (Ultimo Avamposto Editore, 2020) con Cesare Cioni.