Se Grande come una città rappresenta un modo per riattivare la cultura e la cittadinanza attiva nel Terzo Municipio, allora l’Agenda culturale partecipata è un suo strumento decisivo.
Nata come progetto centrale del gruppo Partecipazione, con il passare dei mesi e degli incontri all’interno del nostro movimento politico-culturale, l’Agenda partecipata è diventata un orizzonte condiviso e trasversale. Si è affermato come un progetto che è andato al di là dei gruppi, gettando le basi per un nuovo modo di comprendere il compito centrale di Grande come una città. Ha legato, infatti, il binomio cultura-cittadinanza attiva all’albero sempre verde della partecipazione democratica. Non ha solo trovato ripetuta cittadinanza nelle nostre prime due Assemblee plenarie, tra i tanti argomenti trattati, ma si è posto soprattutto come lo spazio aperto per incontrare la popolazione del territorio, grazie alle ‘assemblee per la cultura’, organizzate a cadenza regolare, che hanno ridato la parola a tutti proprio sul nostro tema guida (la cultura). Anche, e soprattutto, a chi non è entrato nell’orbita di Grande come una città.
Ma in cosa è consistito questo percorso?
Prima di tutto, appunto, in 4 assemblee pubbliche che si sono tenute in diverse parti del municipio e in diverse istituzioni pubbliche. La prima era prevista in un parco, poi, a causa del brutto tempo, si è svolta sotto alcuni portici in via Monte Cervialto. La seconda ha trovato ospitalità nella Biblioteca Ennio Flaiano. La terza e la quarta si sono svolte presso le aule magne di importanti licei di zona, il Liceo Giordano Bruno e il Liceo Nomentano. In tutte queste occasioni c’è stata una facilitazione democratica che ha permesso non solo che emergessero idee, considerazioni, indicazioni e proposte su quale cultura vogliamo per il nostro Municipio, in modo chiaro e puntuale, ma ha fatto in modo che il confronto critico tra le idee avvenisse sempre in un contesto di rispetto reciproco e di collaborazione. Tra persone che non si conoscevano tra loro, come è giusto che avvenga in uno spazio pubblico. Il risultato è stato a dir poco sorprendente: da ogni incontro sono emerse quattro priorità e quattro progetti che, alla fine, sono entrati in una lista di 16 indicazioni su cui ragionare e che saranno valutate nei prossimi incontri pubblici. Il più importante dei quali si svolgerà sabato 25 gennaio, dalle 16:00 alle 18:30, presso la sala consiliare. A questo incontro saranno presenti anche i rappresentanti politici del Municipio, dagli assessori ai consiglieri, passando per il Presidente Caudo. La partecipazione di rappresentanti istituzionali non è qualcosa di improvvisato o di marginale, ma rientra in una visione della partecipazione attiva che ha una sua lunga storia. In Italia e nel mondo. È la storia della democrazia partecipata.
Davanti l’ormai conclamata e prolungata crisi della democrazia rappresentativa, da diversi decenni (soprattutto dagli anni ‘90) si sono sviluppate diverse dinamiche politiche, più o meno istituzionalizzate, che hanno ridato forza e legittimità a pratiche democratiche non rappresentative. Spesso conosciute sotto il nome di ‘bilancio partecipato’, queste dinamiche hanno rimesso al centro della decisione popolare e assembleare parti importanti del potere politico, dando alla cittadinanza organizzata o autorganizzata la possibilità di indicare ai rappresentanti eletti quali leggi e progetti implementare. A volte in modo consultivo-propositivo, a volte in modo da vincolare il corpo degli eletti alle scelte prese nel processo assembleare. Yves Sintomer e Giovanni Allegretti, due autorevoli scienziati politici europei, hanno analizzato in diverse occasioni questi fenomeni, in Italia, in Europa e nel Mondo, arrivando a evidenziarne molti aspetti positivi. Dal miglioramento generale delle condizioni di vita dei territori in cui hanno vita e si rafforzano, all’affermazione di una più generale cultura partecipativa, sino alla riabilitazione della politica davanti a forme di autoritarismo velato, processi elitari e tecnocratici, e di indebolimento della legittimità democratica.
Ma, soprattutto, come molti altri osservatori di questi fenomeni, hanno sottolineato l’alternativa che la democrazia partecipata rappresenta rispetto alla cultura del favore e lo stato di minorità che la cittadinanza ha nei confronti dei politici, che ancora segna in profondità anche il nostro Paese. Anche se negli ultimi anni ha preso la forma della virulenta delegittimazione della ‘classe politica’. In sostanza, le forme di democrazia partecipata, come quella che si sta praticando nell’Agenda culturale nel nostro municipio, spingono chi la pratica non solo a occuparsi dei problemi specifici, ma a pensare anche oltre i loro interessi immediati, per cercare di affermare un interesse più generale, attraverso il confronto e il dibattito pubblico.
Come successo in molte altre esperienze passate, in primis nel famoso Bilancio Partecipato di Porto Alegre, in queste esperienze prende vita un’educazione pubblica al riconoscimento dell’eguale e libera partecipazione al potere collettivo. Una vera virtù politica. Virtù che è immediatamente pratica, perché ha, come conseguenza, quella di migliorare la condizione di vita comune. Nel caso del nostro percorso, quello intrapreso da Grande come una città, essa prende la forma di uno strumento innovativo per definire, insieme alla Giunta e all’assessore deputato (Raimo), la qualità degli investimenti pubblici in ambito culturale.
Anche nel caso dell’Agenda culturale, quindi, si tratta di armarsi della ‘santa pazienza’ e della ‘fiducia nel prossimo’, che sono necessarie quando si comincia un viaggio per rivitalizzare la politica dal basso. Quando si fa dell’incontro pubblico un momento di valorizzazione reciproca. Non in contrasto con le istituzioni democratiche, ma pur sempre in difesa della capacità di auto-organizzazione civica, senza la quale non saremo mai in grado di fare della democrazia qualcosa di effettivo, e non solo quel guscio vuoto, senz’anima, che spesso viene criticato a ragione.
L’Assemblea del 25 gennaio, in questo senso, rappresenta un momento davvero unico e straordinario. Non solo perché per la prima volta nel Terzo Municipio si avvia un processo di democrazia partecipata, o che nella città di Roma questo processo sia sostenuto da un movimento popolare e non proposto da partiti o dall’istituzione (come ai tempi di Veltroni), ma perché rappresenta il primo vero momento di confronto tra cittadini e istituzioni su quanto consideriamo ‘un bene comune’, ossia la cultura. Non un momento decisionale segnato dalla distanza siderale del web, preso nelle ‘segrete stanze’ (dove teniamo i nostri computer), bensì un’assemblea aperta, la cui discussione e il cui esito dipende solo ed esclusivamente dalla responsabilità reciproca che saremo in grado di assumere. Anche se può sembrare poco, tutto questo, in realtà, è grande. Proprio come una città, quando è democratica.