L’invasione degli ultracompact

Oggi il Sony Walkman festeggia il suo quarantesimo compleanno. Il 1 luglio 1979 Sony mette sul mercato il TPS-L2, il primo music player portatile di massa. Con il walkman nasce la colonna sonora personale.

Uno sguardo generale

I due fondatori della Sony si conoscono durante la guerra, l’ingegnere elettronico Ibuka Masaru e il fisico Morita Aki sono inquadrati nella Marina Imperiale con mansioni scientifiche che gli eviteranno di conoscere gli orrori del fronte, ma non quelli dei bombardamenti USA, prima con migliaia di bombe convenzionali, poi con i due terrificanti ordigni atomici. Tornati civili tra le macerie di Tokio, il 7 maggio 1946 i due si trasformano in lungimiranti imprenditori, creando la società Tokyo Tsushin Kogyo K.K., con una ventina di dipendenti. Il marchio Sony compare nel 1955 e tre anni dopo s’impone come denominazione definitiva dell’azienda che nel frattempo si è fatta conoscere per le eccellenti radioline tascabili.

Castro camera exterior

La portabilità della radio divenne possibile dal dicembre 1947, quando Walter Brattain e John Bardeen, del gruppo di ricerca dei laboratori Bell guidato da William Shockley, realizzarono il primo transistor funzionante. Il trio, premiato col Nobel per la Fisica nel 1956, non sapeva di aver dato il via a quella che sarà definita “rivoluzione del silicio” e condurrà al microchip e all’era digitale.

Anche miniaturizzata, una radio consentiva comunque l’ascolto di un palinsesto preconfezionato, il suo successo sarà perciò dovuto in gran parte alla possibilità di seguire ovunque i più diversi eventi sportivi, permettendo ai tifosi di tutto il mondo di non perdere le gesta dei loro campioni. In Italia nel 1959, la RAI propone agli ascoltatori di Radio1 la trasmissione Tutto il calcio minuto per minuto la cui popolarità, con punte di 25 milioni di contatti, è in gran parte dovuta proprio alla diffusione delle “radioline” e quelle “giapponesi” sono le più ambite ed esibite.

Per ascoltare la musica non prestabilita da altri, in spiaggia o su un prato, si deve attendere la metà degli anni ’60, quando appaiono: il “mangiadischi”, che inghiotte un 45 giri; e il “mangianastri”. Quest’ultimo, deriva dalla miniaturizzazione del nastro magnetico a bobine sviluppato nel 1935 dalla famigerata I.G. Farben, industria chimica coinvolta nella fabbricazione dello Zyklon B, il gas usato dai nazisti per la “soluzione finale”. A compiere la transizione dalle ingombranti, scomode e delicate bobine, alla piccola e maneggevole musicassetta è l’olandese Philips che nel 1963 brevetta la Compact Cassette (MC). In un paio d’anni, la produzione di massa s’impone attraverso l’introduzione di apparecchi stereo a bordo delle vetture di lusso, andando così a implementare la già affermata autoradio.

All’interno di questo scenario di frenetica innovazione tecnologica, Ibuka e Morita lanciano nel 1967 il TC50, un registratore portatile a cassette destinato al mondo degli affari. Principalmente pensato per i giornalisti a caccia d’interviste, il gioiello Sony è il più piccolo magnetofono al mondo e godrà di un’improvvisa popolarità quando ne faranno uso gli astronauti durante la missione Apollo7 dell’ottobre ‘68.

Sony presenta il Walkman, ma…

Infastidito dal fatto di non poter ascoltare la sua musica preferita durante i frequenti viaggi transatlantici in aereo, Ibuka ne discusse con il socio Morita. All’inizio del 1978 fu perciò deciso di chiedere agli ingegneri un dispositivo abbastanza piccolo da poter essere portato in giro mentre permetteva all’utente di ascoltare quello che voleva. Kozo Ohsone, Shizuo Takashino e altri sviluppatori proposero allora il neonato Pressman – un registratore destinato a un mercato di nicchia – dal quale fu rimosso il meccanismo di registrazione, aggiunto un amplificatore stereo e inserita una cuffia leggera. Quando Morita portò a casa il Pressman modificato e lo ascoltò, si convinse che era proprio quello che lui e Ibuka volevano, ma sua moglie – piuttosto seccata – sollevò un’obiezione: quel dispositivo favoriva l’isolamento e le pareva fin troppo sconveniente. L’uomo, che mai avrebbe permesso di commercializzare un prodotto inadeguato alla “filosofia Sony”, chiese di aggiungere un secondo jack per un’altra cuffia e un tasto arancione che consentiva a due ascoltatori di parlare tra loro attraverso un microfono. La data di lancio fu fissata per il 1° luglio 1979, dunque tutto pronto per l’inizio delle vacanze estive quando un oggetto con queste caratteristiche ha tutte le carte in regola per conquistare rapidamente milioni di consumatori. Pressman, che alludeva all’uso per la stampa (press), diventò Walkman nell’idea di camminare e ascoltare musica ovunque, liberi dallo stereo di casa.
La presentazione fu un clamoroso insuccesso.

sony1979Il Walkman TPS-L2

Prima di conoscere come furono ribaltate le sorti del Walkman, ci si deve domandare: ma la storia è andata davvero così? Il desiderio in aereo, le rapide modifiche, la signora Morita, non saranno magari i frammenti di un racconto leggendario abilmente ideato dalla coppia per ammantare qualcosa di poco onorevole, specie per due giapponesi e per di più assai noti in tutto il Mondo?

Walk mit uns

Nel 1972, Andreas Pavel mette a punto un’idea che gli ronza in testa da un po’ di tempo.
Nato a Brandeburgo, ha un anno quando Ibuka e Morita fondano la futura Sony. Il padre è un industriale di fama – vicepresidente dell’equivalente tedesca di Confindustria – che si sposta in Brasile quando Andreas ha sei anni e vi rimane fino all’inizio del 1960. La signora Pavel, ma usa il nome da ragazza: Ninca Bordano, è un’artista che trasferisce nel figlio il fascino dell’immaginazione, la seduzione delle forme estetiche e uno stile di vita dal gusto anarchico. In una emergente San Paolo degli anni 50, i Pavel incontrano fra gli altri la stella teatrale del momento: Adolfo Celi. Il prof. Sassaroli di Amici miei, è uno dei più grandi registi brasiliani; è una terra di grandi emigrazioni e fortune italiane, dove ha vissuto per quindici anni dando un contributo inestimabile alla cultura con il suo Teatro Brasileiro de Comédia.

pavel anni 80

Tornato in Germania, nel ‘67 Andreas si laurea in filosofia e scienze sociali a Berlino, poi riparte per il Brasile e comincia a lavorare come dirigente per la neonata televisione pubblica TV Cultura. È un periodo di frequentazioni intellettuali che stride con la dittatura militare, tanto che alla fine Andreas decide di tornare in Europa, portando con sé una visione: la musica si può indossare e con una cuffia ascoltare ovunque ciò che si preferisce.
brevetto

Tra la fine del ’70 e per tutto il ’71, Pavel lavora al progetto: mette in un paio di tasche due registratori minuscoli e li attacca su una cintura; imballa ciascuna delle batterie associate in un contenitore, anch’esso fissato alla cintura; aggiunge due cuffie collegate ai lettori di microcassette. Mentre cammina, con il semplice tocco di un pulsante può transitare dal rock al jazz e quando la prima coppia di batterie è esaurita, ancora un tasto e passa al congegno sostitutivo. Alla fine sembra lo strano accessorio di un cacciatore, lo chiama Stereobelt. Tutto, com’è normale per uno che venga dalla patria di Mercedes e Volskwagen, è progettato per durare a lungo e garantire la massima resistenza agli urti, in modo che la musica non salti a scatti quando si fa jogging o quando vagabondando in bicicletta appare un insidioso pavé.

La prova generale della Stereobelt si tiene a San Moritz, in un nevoso febbraio ’72, durante una gita tra le montagne con la fidanzata: Andreas si gode il panorama mentre ascolta in sottofondo Push Push di Herbie Mann e poi brani degli Allman Brothers Band. Qualche anno dopo, riflettendo su quel momento, dirà: “Ho aggiunto la colonna sonora alla vita quotidiana”. Di ritorno dalla vacanza in Svizzera, nei mesi successivi Pavel gira per le città indossando, con lo scopo di esibirlo, l’unico prototipo della Soundbelt; sugli autobus e nelle metropolitane di Roma, New York e Parigi gli sguardi dei passeggeri sono perplessi, ironici, sbalorditi, ma per lo più è considerato un pazzo.

Alla fiera dell’hi-fi di Dusseldorf nel 1976, Pavel presenta il suo “impianto stereo da cintura” ai rappresentanti delle multinazionali, fra cui i giganti Philips e Sony, che non mostrano interesse. Apparentemente. È invece piuttosto probabile che qualche giapponese abbia realizzato fotografie, in questo caso non come quelle che abitualmente scattano al Colosseo o alla Torre di Pisa con le immancabili Nikon. L’anno seguente Andreas è a Milano con l’amico fotografo Alfonso Galasso, qui riesce a brevettare il dispositivo e a entrare in contatto con la Brionvega, che pare mostrare un certo interesse. Nel 1978 il passaggio da prototipo a produzione di massa si avvicina, l’interlocutore è quello giusto perché l’azienda milanese è all’avanguardia nella sperimentazione e nell’estetica pop delle apparecchiature elettroniche. La radio “Cubo”, disegnata da Zanuso e Sapper nel ’62, è oggi esposta al MOMA di New York e nei musei di arte moderna di Osaka e San Paolo. Un’idea tedesca e il design italiano potrebbero rivoluzionare il mondo dell’ascolto musicale.

sony

Ma

La stampa del 2 luglio ’79 recensisce il Walkman con dure critiche. I giornalisti convocati in una piazza di Tokio per il lancio spettacolare, hanno assistito a una strana pantomima: un gruppo di dipendenti Sony, su una bici, sui pattini, sullo skateboard o saltellando in tuta, si agita in silenzio con una cuffia e una scatolina alla cintola. Qualcuno tra il pubblico ridacchia con pudore nipponico. Dei 30mila prodotti, ne vendono tremila. In azienda si diffonde il panico, nessuno sembra più credere al Walkman, tranne Ibuka e Morita che al “furto” non intendono rinunciare. E hanno ragione. Il dipartimento marketing decide allora di rilanciare con una campagna più aggressiva e qualche giorno dopo, sono sguinzagliati i soliti dipendenti in giro per la città: porgono le cuffie ai passanti, specie giovani e adolescenti, e gli consegnano in un inchino sorridente la scatolina color carta da zucchero. Era stato commesso un banale ma fatale errore, il Walkman non si può far vedere, si deve provare!
la scatola del 79

Ad agosto le vendite raggiungono le 27.000 unità. La campagna estiva sta funzionando, i turisti che rientrano in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti portano un gadget dal mitico Giappone e alla Sony brindano col sakè. Nell’estate 1980, il Walkman sbarca in USA. Alla fine, oltre dieci anni dopo, gli esemplari venduti nonostante i numerosissimi cloni, sono circa 300 milioni. Pavel è indignato, non può permettere che il gatto e la volpe se la cavino impuniti, dopo una lettera amichevole nella quale chiede una transazione per le royalties sulla sua invenzione e alla quale Morita risponde con un’inaccettabile elemosina, decide di intentare una causa contro il colosso del Sol Levante. La battaglia legale durerà quasi vent’anni e dopo aver perso in una prima istanza con l’obbligo di pagare tre milioni di dollari di spese, alla fine nel 2004 accetta un accordo extragiudiziale con Sony per cui s’impegna a cessare ogni contenzioso in cambio, si disse, di dieci milioni di dollari. Nel frattempo, il Walkman non esiste più, Steve Jobs l’ha spazzato via.

La signora Morita s’è sbagliata

 La seconda generazione di Walkman non ha più la seconda cuffia e l’interfono, l’oggetto deve essere personale. Nell’iconica sequenza del Tempo delle mele (1980), infatti, Mathieu (Alexandre Sterling) ha una sola cuffietta e la poggia sul capo di Vic (Sophie Marceau) che nella rumorosa discoteca improvvisamente si ritrova ad ascoltare il brano simbolo del film.

Tuttavia, alla luce degli sviluppi conviene ancora chiedersi: veramente la signora Morita aveva torto? È realmente avvenuto quel dialogo tra moglie e marito? Sul piano giuridico, l’eliminazione di quei dettagli puntava a prendere le distanze dall’invenzione di Pavel, che anzi nei disegni dei brevetti insiste sull’offerta dell’ascolto doppio e del dialogo via microfono. Il suggerimento potrebbe essere arrivato dallo studio legale Sony, come accorgimento distintivo tra i due oggetti per tentare di intorbidire le acque in sede processuale.

Come che sia, il Walkman rende invisibile la Stereobelt Brionvega e avvia una mutazione antropologica nella quale siamo ancora immersi. Nell’arco di un ventennio, (‘79-‘99) il lettore Sony sembra confermare le interpretazioni che le scienze sociali propongono con diverse sfumature, ma all’inizio del XXI secolo, si profila la fusione delle tecnologie per l’ascolto di musica con la rivoluzione dell’Internet.

Il caso più esemplare dei tentativi di spiegare il fenomeno è il saggio del musicologo giapponese Hosokawa Shuhei, pubblicato nel 1984 sul n.4 della rivista Popular Music con il paradigmatico titolo The Walkman Effect. L’Autore sostiene che attraverso il Walkman, si “entra” consapevolmente in un isolamento acustico dall’ambiente sempre più caotico e affollato: il successo è dunque ascrivibile alla soddisfazione dell’emergente bisogno di privacy. La naturale e millenaria natura cooperativa dell’umanità sembra giunta a una fase di saturazione dal momento in cui l’ambiente nel quale viviamo, e che abbiamo costruito, è divenuto anomico, alienante, perfino ostile nel suo orizzonte catastrofico. Con la Playstation, più avanti, l’invito sarà proprio “starsene a casa”.

walkman fulci Lo squartatore di New York 1982Lucio Fulci: Lo squartatore di New York (1982)

Incorporata negli smartphone, la funzione dell’ascolto musicale è una delle tante disponibili nei dispositivi che a milioni abbiamo in tasca e la mutazione delle relazioni umane è ancora in progress, non sappiamo esattamente con quali sviluppi. Gli oggetti, la “Tecnica” direbbe qualcuno, sia il Walkman che l’iPhone, sono una disponibilità umana come la selce scheggiata con cui frantumavamo le ossa per estrarre il midollo 200mila anni fa. Ciò che li rende diversi è la complessità, al loro interno e nell’ambiente in cui funzionano, sicché i problemi risiedono esclusivamente nella mente dell’utilizzatore, nella sua consapevolezza culturale, cioè nella capacità di conoscerne la natura, comprenderne la potenza e dunque mantenere equilibrato il rapporto soggetto-oggetto. Altrimenti, l’inevitabile “infantilizzazione” della società di massa farà sentire sempre più devastanti i suoi effetti. A pensarci bene, la canzone del Tempo delle mele lo annunciava apertamente:

Dreams are my reality
The only kind of real fantasy
Illusions are a common thing
I try to live in dreams
It seems as if it’s meant to be[1]

 

[1] Trad. it. “I sogni sono la mia realtà\L’unica vera fantasia\Le illusioni sono una cosa comune\Cerco di vivere nei sogni\Come se dovesse essere così”. Da Reality (1980). Autori Vladimir Cosma e Jeff Jordan, cantata da Richard Sanderson.

Grande come una città
Grande come una cittàhttps://grandecomeunacitta.org
Grande come una città è un movimento politico-culturale, nato a Roma, nel Terzo municipio, per promuovere l’incontro fra le persone, creare luoghi e momenti di confronto, nella condivisione di valori come inclusione, nonviolenza, antifascismo, e nel rispetto di tutte le opinioni, etnie, religioni e orientamenti sessuali.

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